La parola chiave di questo periodo è sospensione. Arriva la firma al nuovo decreto coronavirus e, a parte la limitazione a spostamenti, in tutta Italia chiudono i musei, i luoghi d’arte, anche i parchi archeologici, chiudono discoteche, persino matrimoni e funerali vengono proibiti. Ogni forma di aggregazione e di attività non assicuri distanze sufficienti tra le persone, per evitare il contagio, viene bloccata. Pare sia l’unico modo per fermare l’escalation di numeri crescenti (il 7 marzo alle 18 il bollettino del dipartimento di protezione civile afferma ci siano 5061 malati) , di tamponi da fare e positivi, di polmoniti che potrebbero non ricevere nessuna cura e neppure spazio in ospedale.
Drastico e chiaro il DECRETO rimanda tutto a dopo il 3 aprile. Un atto conseguente alla assoluta noncuranza di tanti che hanno continuato la propria vita come se non fosse niente. Come Ia corsa al treno di tanti, soprattutto scesi queste ultime ore, verso il sud sapendo che avrebbero rischiato di restare bloccati nelle città del nord inserite nel decreto. Atto di rispetto? Atto di civiltà, di spirito civico?
Il leitmotiv di chi continua i viaggi, gli spostamenti dal nord è che tanto questo virus ce lo abbiamo tutti… E che tanto gli anziani comunque se ne vanno ( ma non sono solo anziani….) Tutto pur di non cambiare una virgola nella propria vita. Perché forse questo spaventa più del virus. Sospensione e cambiamento. Le parole chiave sono due, si potrebbe concludere. Ma non sono solo negative. Dipende dall’uso che ne facciamo. Su queste è possibile dare voce a nuove forme di creatività, nuovi impulsi, nuove ripartenze. La paura si combatte vivendo a pieno il momento presente e affrontando le cose come arrivano. In questo senso può essere una grande occasione per sperimentare decisamente qualcosa di nuovo.