
Silvia Romano è tornata in Italia, è tornata a casa sua, ma probabilmente non è la stessa Silvia. Sceglie di convertirsi all’Islam, sceglie di ritornare vestita degli abiti e dei colori che ora fanno parte della sua nuova religione. Diciotto mesi di prigionia hanno instillato in lei un nuovo modo di essere. Tanti, ovviamente, stanno criticando la sua scelta, come anche sputando veleno sul fatto che per riaverla viva, a casa, si è avuto bisogno di pagare un riscatto. Ritorniamo per un attimo al fatto che abbia scelto di convertirsi all’Islam. Nessuno può essere in grado di addentrarsi nel motivo di una scelta così intima. Legarsi a un nuovo credo, avrà pregiudicato un lavoro introspettivo non da poco. Se poi si pensa al clima e allo stato d’animo presenti durante la sua scelta, si potrebbe immaginare una Silvia provata, piena di paura, che magari si aggrappa a qualcosa che le dà la lucidità di andare avanti.
Ebbene, credetemi, la penso così, Silvia si sarà creata una strategia di sopravvivenza. Anziché sembrare spaurita e intrecciata nelle maglie della sua cultura, quella che l’ha resa preda dei suoi aguzzini, decide di capire cosa spinge l’altro a fare tutto ciò, per darsene una spiegazione. È un po’ come noi che, pur non avendo aperto mai un libro di medicina, in questi mesi, abbiamo cominciato a parlare di virus, abbiamo parlato di RO, di anticorpi e vaccini. Tutto per conoscere il nostro “nemico invisibile” ma anche per stemperare la paura e non farci trovare impreparati a lui. Così avrà creduto Silvia: conosci il nemico e ne anticipi le mosse. Poi, chissà, diamole il tempo di trovare se stessa e di “ritornare alle sue origini” consapevolmente.