Al Ministro dell’Ambiente On.le SERGIO COSTA
per conoscenza a: Prefetti di Avellino, Salerno e Napoli
NOE dei Carabinieri di Avellino, Salerno e Napoli
Senatrice Virginia La Mura, Membro della13a Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali)
La scrivente è la più importante associazione a livello mondiale dell’industria conciaria. È riconosciuta dalla Prefettura di Milano. Opera dal 1946, aderisce a Confindustria, alla Confederazione Europea dei Conciatori, al Consiglio Internazionale dei Conciatori ed è rappresentativa di un settore strategico, componente fondamentale del tessuto economico e manifatturiero italiano, promuovendone gli interessi, l’innovazione, il ruolo sociale ed ambientale.
Uno dei più importanti poli conciari italiani è posto nel distretto di Solofra, da cui parte il torrente “Solofrana”, che poi confluisce nel Sarno. Pochi giorni fa sui media locali ha avuto notevole risalto la notizia per cui numerosi rappresentanti politici della provincia di Salerno, in particolare dell’Agro Nocerino Sarnese, accuserebbero le aziende conciarie di Solofra di essere la causa dell’inquinamento del fiume Sarno, tornato torbido e schiumato alla ripresa delle attività dopo il periodo di sospensione per l’emergenza Covid-19. Lo stato degradato del fiume Sarno non è una novità, ma un problema ben conosciuto da decenni, tanto è vero che è stato oggetto di diverse inchieste parlamentari, seppur mai risolto.
Le concerie sono le prime a volere che sia trovata una soluzione definitiva a questo problema per motivi sia di responsabilità ambientale, sia etici, sia economici, essendo esse, come ancora in questa occasione, ripetutamente, superficialmente e ingiustamente additate come “capro espiatorio” di una situazione che non dipende affatto dall’industria conciaria. L’affermazione di tali politici che hanno preannunciato interrogazioni regionali sul tema e per i quali causa dell’inquinamento del fiume Sarno andrebbe trovata nell’alto Sarno, tra gli “scarichi conciari”, è destituita di ogni fondamento ed ha solo la nefasta conseguenza di spostare l’attenzione dalla vera causa del problema ad oggi ancora aperto.
Secondo la relazione conclusiva del 12 aprile 2006 della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Cause dell’Inquinamento del Fiume Sarno istituita nel lontano 2003, “lo stato di gravissimo degrado del bacino del fiume Sarno è dovuto al combinato operare di una pluralità di fonti di inquinamento: innanzi tutto quelle urbane, che vanno ricollegate al forte impatto antropico causato da caotiche espansioni urbanistiche e da una elevata densità abitativa, fenomeni che hanno avuto come conseguenza uno smisurato aumento volumetrico dei reflui urbani e anche degli sversamenti abusivi. Sempre alla categoria delle fonti urbane di inquinamento vanno ricondotte le perdite da reti fognarie primitive e sottodimensionate rispetto ai carichi da convogliare, gli scarichi direttamente in falda, la pratica dei pozzi neri disperdenti, la percolazione da aree adibite a discarica ma impermeabilizzate in maniera approssimativa ovvero, quando abusive, non impermeabilizzate affatto. Le fonti di inquinamento agricole sono rappresentate, invece, dall’uso spesso indiscriminato di fertilizzanti chimici, di fitofarmaci, di antiparassitari, di anticrittogamici, di diserbanti nonché di reflui di origine zootecnica utilizzati come concime… La carenza di reti fognarie comunali fa sì che i reflui domestici finiscano per essere recepiti nei corpi idrici superficiali, attraverso il fitto reticolo di affluenti e canali del Sarno, ovvero direttamente in falda, essendo frequenti i casi, ovviamente abusivi ed illeciti, di sversamenti in pozzi non a tenuta. Una situazione, questa, che è aggravata dai rilevanti fenomeni di abusivismo edilizio che hanno portato all’urbanizzazione incontrollata di ampie fasce del bacino. E’ doveroso, tuttavia, aggiungere che all’ampia carenza di reti fognarie si somma la mancanza di collettori e di depuratori, cosicché il bacino del Sarno, pur presentandosi come un territorio fortemente antropizzato e con elevato livello di insediamenti produttivi, dispone di un sistema infrastrutturale di ricezione e smaltimento dei reflui assolutamente inadeguato e non degno di un paese civile. Come è stato rilevato dal Segretario generale dell’Autorità di bacino del Sarno … nella sua audizione del 19 gennaio 2006, <>. La mancanza di una rete fognaria minimamente adeguata in una zona così densamente abitata fa sì che anche le vasche di assorbimento esistenti sul versante orientale del Vesuvio vengano correntemente utilizzate per la raccolta di reflui urbani che non possono essere smistati prima del completamento della rete di fognature, collettori e depuratori”.
Vi è da rimarcare, come ancora a fine febbraio 2018, la Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Attività Illecite Connesse al Ciclo dei Rifiuti e su Illeciti Ambientali, istituita con L. n. 1/2014, abbia confermato come la situazione non risulti affatto migliorata e come la grande parte dei Comuni della valle ancora non siano allacciati a collettori.
Per quanto concerne invece la parte prettamente industriale conciaria, la commissione aveva accertato, già nel lontano 2006, come “attualmente tutti gli scarichi fognari dei comuni dell’Alto Sarno sono trattati negli impianti depurativi comprensoriali, compreso l’ultimo tratto di rete fognaria dell’area industriale e civile di Fisciano, che è stata allacciata al collettore nell’agosto 2004”, e come si era, già allora, riusciti “a realizzare il censimento completo di tutti gli scarichi produttivi della valle solofrana che si immettono nei collettori, compresi quelli artigianali” con la contemporanea attivazione di “una campagna di sensibilizzazione rivolta alle amministrazioni locali, il cui coinvolgimento rappresenta un passaggio indispensabile per raggiungere il completo controllo degli scarichi”.
La verità, dunque, è che oggi il distretto solofrano, lungi dall’essere la causa del problema, è una delle poche realtà locali che ha un complesso depurativo, che peraltro è caratterizzato da un doppio passaggio in impianti di trattamento che si integrano tra loro, ossia quello di Solofra e quello di Mercato S. Severino, il che, dal punto di vista ambientale, rappresenta una condizione di maggior tutela.
All’osservazione per cui qualche industria potrebbe scaricare abusivamente, è facile replicare nel senso che il fenomeno, seppur non possa essere escluso a priori, sarebbe sicuramente minimale rispetto all’impatto delle vere cause del problema da rinvenirsi più a valle, nonché prontamente represso per via dei censimenti e controlli delle Autorità e facilmente verificabile dal saldo tra il volume di prelievo dell’acqua e il volume degli scarichi nel depuratore gestito da COGEI, che esegue controlli sui campionatori ed effettua analisi periodiche (al netto della quantità eliminata in atmosfera per effetto dell’essiccazione delle pelli). Pertanto, la scrivente associazione, ritiene che il distretto conciario solofrano sia, al pari delle cittadinanze degli altri Comuni della valle, la vittima e non la causa dello stato di degrado del fiume e che le accuse provenienti da esponenti politici siano del tutto mal indirizzate. Si evidenzia come l’imputazione infondata, superficiale, meramente sensazionalistica di illeciti ambientali danneggi l’immagine e il business di un settore importante per l’economia locale e nazionale, il quale è stato tra i pochi nella valle ad aver investito ingenti somme per risolvere l’annosa questione della depurazione e che non tarderà a reagire laddove simili illazioni dovessero continuare.
I controlli, che sono stati eseguiti dal NOE dei Carabinieri in questi giorni nella Bassa Valle del Sarno e che hanno avuto ampia risonanza sui media, dimostrano come nessuna conceria sia stata interessata a sanzioni, ma come le cause vadano trovate in altri siti, come verificato anche da Legambiente tramite dossier fotografico inviato all’Autorità e riguardante Comuni più a valle.La presente associazione chiede, pertanto all’Autorità in indirizzo di accelerare ed incrementare i controlli volti a reprimere le condotte illecite e ad intervenire al più presto affinché sia definitivamente risolto l’improcrastinabile problema dell’assenza di una rete fognaria anche civile allacciata ai collettori (come accade a Solofra) ed adeguata all’inurbamento e alla densità abitativa e produttiva della zona. Al riguardo, le aziende del distretto conciario fin da ora daranno la massima collaborazione affinché i controlli siano precisi e severi al fine di fugare ogni dubbio sulla propria assenza di responsabilità. Rimaniamo a disposizione per chiarimenti,
i migliori saluti, F. Bacchi Direttore UNIC – Concerie Italiane