I test basati sull’identificazione di anticorpi IgM e IgG specifici per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2, secondo il parere espresso dal Comitato tecnico scientifico istituito presso il Dipartimento di Protezione civile non possono, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei, secondo i protocolli indicati dall’OMS.
“Il risultato qualitativo ottenuto su un singolo campione di siero non è sufficientemente attendibile per una valutazione diagnostica, in quanto la rilevazione della presenza degli anticorpi mediante l’utilizzo di tali test non è, comunque, indicativo di un’infezione acuta in atto e, quindi, della presenza di virus nel paziente e del rischio associato a una sua diffusione nella comunità”.
Se nel siero esistono le Igm allora si tratta di infezione recente, se invece le igm sono negative e le igG positive si tratta di una infezione superata passata, ma questo non indica se una persona è protetta o meno e per quanto tempo e se la stessa è guarita.
Un test anticorpale negativo può significare diverse cose.
- La persona non è stata mai a contatto con il virus e/onon è stata infettata
- E’ stata infettata da 8-10 giorni e non ha ancora sviluppato anticorpi
- E’ stata infettata ma ha un titolo anticorpale basso e non rilevabile dal test.
“Tali valutazioni confermano che i test anticorpali non possono essere considerati come strumenti diagnostici sostitutivi del test molecolare”.
Il risultato qualitativo ottenuto su un singolo campione di siero non è sufficientemente attendibile per una valutazione diagnostica”.
E per l’attendibilità “è fortemente raccomandato l’utilizzo di test del tipo CLIA e/o ELISA che abbiano una specificità non inferiore al 95% e una sensibilità non inferiore al 90%, al fine di ridurre il numero di risultati falsi positivi e falsi negativi”.