Quarantadue anni fa, il 13 maggio 1978, venne approvata la legge 180 che abolì gli ospedali psichiatrici, più comunemente chiamati manicomi. Un provvedimento di libertà e dignità voluto fortemente dall’ indimenticato Franco Basaglia.
Psichiatra e neurologo, nasce a Venezia l’11 marzo 1924 dove muore nell’Ottanta. Innovatore nel campo della salute mentale, riformatore della disciplina psichiatrica in Italia, fondatore di Psichiatria Democratica e ispiratore della Legge 180/1978 (da cui prende il nome) che introdusse la riforma degli ospedali psichiatrici in Italia.
Il più grande merito di Franco Basaglia è stato quello di restituire dignità alla malattia mentale, non considerando il paziente come un oggetto da aggiustare, ma una persona da accogliere, ascoltare, comprendere, da aiutare, non da recludere o da nascondere.
La normativa vigente fino al 1978 era ancora la legge 36 del 1904 che definiva gli assistiti “alienati”: concetto diametralmente opposto al pensiero moderno introdotto dalla Legge Basaglia. Inoltre venivano concessi larghi poteri al direttore del manicomio, così ampi da poter prendere in maniera competente e legale alcune decisioni che cancellavano parte dei diritti civili.
La legge Basaglia invece, stabilisce che tutti i trattamenti sanitari sono volontari (ribadendo quindi con forza l’articolo 32 della Costituzione Italiana). Il trattamento non volontario, detto Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), e quindi la prestazione delle cure in condizioni di degenza ospedaliera, può avvenire in presenza di questi 3 elementi:
• Alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici;
• La non accettazione delle cure da parte dell’infermo;
• Assenza di condizioni e circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra ospedaliere.
Il testo disciplina poi sia i passaggi necessari sia il diritto di tutela del malato, indicando anche tempistiche e autorità di riferimento per l’impugnazione del trattamento.
Per effetto della Legge venne predisposta quindi la chiusura definitiva dei manicomi, stabilendo il graduale superamento degli ospedali psichiatrici e aprendo così la via alla rivoluzione in campo della salute mentale: non più contenitiva ma integrativa rispetto la società e riabilitativa verso la persona malata.