Termina oggi il mandato di Vincenzo Boccia alla Presidenza di Confindustria. Sono stati quattro anni difficili. A parte la personale gentilezza e disponibilità, oltre che all’acclarata diplomazia, è stato un quadriennio perfettamente inutile. Intendiamoci, lui ha cercato di portare con sè il bagaglio delle piccole e medie imprese, magari in stile salernitano, anzi in stile oraziano, in omaggio alla splendida storia umana e imprenditoriale del padre Orazio.
Quando fu eletto, nella lista dei supporter aveva Emma Marcegaglia e Luigi Abete, appoggio che confermava le caratteristiche di “uomo di sistema” dell’associazione. Non è stato mai discontinuo da quel modo di gestire «Chi conosce il Paese sa che esistono i Sud. Il Mezzogiorno non ha bisogno di politiche speciali: ciò che fa bene al Paese fa doppiamente bene al Meridione». Furono le sue prime parole. Nei fatti, niente. Molto lontano dagli Agnelli e dai Costa, che avevano visioni da padroni differenti del vapore ma avevano almeno delle visioni. Oltre che dai Merloni e i Carli, rispettivamente espressioni della vera imprenditoria di provincia e della politica economica abbastanza illuminata. E il paragone non regge manco con Montezemolo, decisamente più comunicato pur nella friabilità della presidenza.
I governi non gli andavano, i sindacati nemmeno, proposte memorabili non sono arrivate. Ora che il Sud sembra aver vinto almeno una battaglia, quella sanitaria, per ironia della sorte gli toccherà cedere lo scettro al lombardissimo Bonomi. E da ex stampatore di Repubblica, ha dovuto assistere al trionfo piemontese che detta linea nuova.
Ci sarebbe da scrivere un libro, anzi un racconto breve. Ora si stampi.Anzi, se lo stampi.