Le maggiori riviste e associazioni internazionali pediatriche continuano a ribadire in modo inequivocabile che il rischio di contagio per e da parte dei bambini è molto basso, mentre il rischio di compromissione di aspetti cognitivi, emotivi e relazionali conseguenti alla prolungata chiusura delle scuole è molto alto. Si sono enfatizzati i rischi di contagio derivanti dalla riapertura delle scuole e dei nidi, senza tener conto che i bambini lasciati a casa non ne sono affatto esenti: al contrario, affidati a parenti o amici o lasciati soli stanno andando incontro a rischi infettivi senz’altro maggiori di quelli insiti in situazioni controllate dove gli adulti sono sottoposti a misure di prevenzione e controllo, dove si seguono regole di distanziamento, igiene e sanificazione.
È una presa di parola importantissima quella di 24 tra i più importanti pediatri e neuropsichiatri italiani.
Riportiamo alcuni passaggi del testo della loro lettera al direttore di Quotidiano Sanità, che ci auguriamo ispiri una revisione della considerazione dei diritti dei bambini, delle linee guida in materia di attività di socializzazione e la riapertura di scuole materne e nidi nel mese di giugno.
È quindi urgente cambiare rotta, se si vuole evitare che alla crisi sanitaria e economica se ne aggiunga una educativa e sociale dalle conseguenze pesanti per tutti i bambini, e drammatiche per una consistente minoranza, che già in precedenza viveva situazioni di difficoltà di apprendimento. Vanno aperti e riaperti sollecitamente spazi ludici con componenti educative e vanno messe in campo iniziative specifiche di supporto per i bambini con difficoltà specifiche.
Queste misure non vanno rese impossibili da norme e regole che non sono sorrette da chiare evidenze e non sostenibili dal punto di vista organizzativo ed economico, né devono essere rese problematiche da attribuzioni di responsabilità irragionevoli ad amministratori e dirigenti. Dal canto loro le autorità amministrative e scolastiche devono aver chiaro che il rischio zero non esiste, dare alle famiglie informazioni puntuali, coinvolgerle nell’applicazione delle norme e consentire loro scelte ragionate.
È tempo di riflettere sui doveri non solo di chi si occupa d’infanzia, ma della società intera di prendersi cura di bambini e adolescenti come soggetti di diritti complessi e non procrastinabili, non come mere pedine di riduttive modellistiche epidemiologiche.