Ritengono di essere stati “trattati da numeri” e attraverso dei numeri (da 1 a 15 e oltre) si firmano. Una lettera formalmente anonima in queste ore sta scombussolando gli equilibri del clero salernitano. Ad undici mesi dal suo insediamento, l’arcivescovo Andrea Bellandi è costretto ad incassare la prima sostanziale sfiducia da parte di un gruppo di sacerdoti salernitani. “I contenuti della lettera sono condivisi da una base ben più ampia” fa sapere uno di loro. Sviluppata sulla polemica metodologica, la denuncia sfocia nella sostanza fino ad affermare “lo sbando continua” e a definire “il presbiterio” ridotto “a una massa amorfa”.
Bellandi è accusato di aver proceduto alle nomine apicali “senza il dovuto confronto e la necessaria conoscenza” del mondo ecclesiastico salernitano. Chi è certo di conoscere i fatti, dice: “E’ verosimile che alcuni dei vicari appena nominati manco li avesse incontrati prima. Probabile, allora, che nella scelta si sia fidato di qualche abile suggeritore. Come nel caso evidente della virata su un vicario generale più anziano rispetto al nome originariamente da lui direttamente individuato”.
La sensazione è che esista un ‘dietro le quinte’ ampio, che andrebbe raccontato ma i cui frammenti emergono a spezzoni. La fonte ne cita uno: “Immediatamente dopo le nomine vicariali, in particolare di Don Alfonso Gentile al vertice dell’Amministrazione, l’economo Don Giuseppe Guariglia ha rassegnato le dimissioni. Ora c’è attesa per conoscere i nomi dei nuovi direttori di Caritas, Economato, Cancelleria e Ufficio Missionario”. La lettera fa esplicito riferimento ad una ‘eminenza grigia’. “Bellandi corre il rischio di essere strumento nelle mani di qualche altro”, aggiunge la fonte che poi si dice certa: “Con Bellandi non vi saranno linee-guida, stessa cosa è accaduta con Moretti”. La crepa non è rottura anche se i margini di ricucitura non sembrano ampi. Bellandi ed il suo sistema di governo dell’Arcidiocesi (“il cerchio magico”) sono attesi a decisioni importanti, una delle quali riguarda la gestione del caso-gregge in prossimità della imminente scadenza della regolamentazione imposta con il decreto-Moretti.
“Se qui abbiamo Bellandi è perché a Roma non ha prevalso la tesi del Cardinale Sepe che avrebbe volentieri puntato ad avere un Arcivescovo campano, magari uno tra Spinillo, De Luca, Cascio”, conclude. Il rapporto tra Bellandi e il Santo Padre (“certamente nato durante il congresso di Firenze del 2015”) e probabilmente “una riflessione con personalità ecclesiastiche di grande influenza” avrebbero quindi spinto Bellandi “a preferire Salerno alle alternative toscane”.
Di seguito il testo integrale della lettera.
“Vi confido anche il dispiacere per non aver avuto in questi mesi un rapporto diretto con voi… Mi scuso per questo con ciascuno di voi”. E’ quanto scrive l’Arcivescovo Bellandi in una lettera inviata ai presbiteri dell’Arcidiocesi di Salerno il 26 maggio, via whatsapp. Sorge spontanea qualche domanda.
- E’ sempre un bene riconoscere errori e scusarsene. Ma non avendo avuto ‘rapporti diretti’ e quindi scarsa conoscenza dei singoli presbiteri, come ha potuto nominare il nuovo vicario generale e i vicari episcopali lo scorso 10 maggio? Con quale criterio, vista la scarsa conoscenza e l’assenza di qualsiasi confronto dell’ambito del presbiterio? Da settembre 2019 a febbraio 2020 le possibilità di confrontarsi vi erano, eccome. E’ parsa poi alquanto inusuale la modalità di comunicazione delle nomine e cioè attraverso un’intervista a Telediocesi e nessuna comunicazione ufficiale, previa. I mezzi tecnologici potevano essere un ottimo strumento di confronto e di comunicazione, come si è visto nel tempo della forzata chiusura. Si poteva benissimo organizzare un incontro video con i presbiteri delle singole foranie.
- Fermo restando che le nomine sono ‘ad nutum episcopi’ e quindi ‘nulla quaestio’ per le scelte fatte, come mai da diversi mesi (sono a marzo 2020, inizio della chiusura per la pandemia) non sono stati rinnovati in primis i vicari foranei e il consiglio presbiterale e successivamente scegliere il consiglio episcopale? Insomma, una metodologia per lo meno discutibile.
- Probabilmente nel corso di questi mesi il vescovo ha ‘selezionato’ i presbiteri con cui parlare ed eventualmente farsi consigliare da qualche ‘eminenza grigia’ che in questa diocesi non è mai mancata. Il che sarebbe davvero increscioso, in quanto un vescovo/padre non seleziona i suoi figli o per lo meno cerca di conoscerli tutti attraverso un ‘rapporto diretto’ che, per sua ammissione, è mancato.
- Parrebbe che si stia procedendo sulla base di un’ecclesiologia piramidale di bellarminiana e tridentina memoria a fronte della tanto decantata ecclesiologia di comunione che viene tirata in ballo solo per richiamare i presbiteri a partecipare ai riti mensili o a qualche pubblica manifestazione, evidentemente per fare numero.
“Curia casa di vetro”, ha dichiarato il vescovo in un’intervista. Così dicon tutti ma poi diversamente fan tutti ed ognuno si costruisce il suo cerchio magico. In tale modo il presbitero rimane un numero e il cosiddetto presbiterio solo una massa amorfa ed insignificante. Ed in questo, purtroppo, vi è perfetta continuità con il suo predecessore. Lo sbando continua e la diocesi langue. Siamo anonimi numeri, tali rimarremo e così ci firmiamo: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15… ecc. ecc.