
Un giro di estorsioni che, tra il 2008 e il 2009, permise a un’organizzazione di stampo mafioso di imporre la potenza criminale sul territorio scafatese ed esercitare il controllo criminale tramite esborsi di denaro da parte di sale bingo, locali, bar e imprese edili.
Il gruppo “violento”, ritenuto vicino al clan Matrone, finì in manette con le accuse a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni, detenzione e porto di arma da fuoco, tentato omicidio, nel 2009 dopo un’operazione della DIA di Salerno.
Al conseguente processo Pietro Palomba, soprannominato “Re Bingo”, fu sentito in aula dai giudici in qualità di testimone/parte offesa. In particolare secondo il pm della Dda Marco Guariello – “Pietro Palomba pur assumendo di aver avuto contatti con gli imputati Gianluca Tortora, Mario Cerbone, Salvatore Desiderio, Giuseppe Buonocore, assumeva di non sapere cosa volessero da lui queste persone e che mai aveva corrisposto loro somme di denaro”.
Ma dalle carte del processo, che nel 2011 condannò l’associazione camorristica per una tentata estorsione ai danni proprio di Pietro Palomba, emerse che l’imprenditore ricevette molteplici richieste di esborso di denaro, a titolo estorsivo, che lo stesso si era impegnato a pagare.
Da qui la presunta falsa testimonianza per “Re Bingo” il quale ha ricevuto un nuovo avviso di chiusura indagine. L’imprenditore ora avrà 20 giorni di tempo per rilasciare dichiarazioni in Procura o chiedere di essere sentito dagli inquirenti.
Stessa sorte per altre due persone, Salvatore Fiengo e Mario Borrelli rispettivamente titolare e dipendente della “Fido s.r.l” di Ercolano a cui, nel 2008, furono affidati i lavori di riqualificazione nel centro storico di Scafati: secondo l’accusa i due avrebbero coperto delle richieste di tentata estorsione per una cifra di 20mila euro divise in 4 rate da 5mila per ogni stato di avanzamento dei lavori.