
Sulla riforma della giustizia, è intervenuto anche il buon Carlo Cottarelli, uno dall’ampio spettro visivo. Cottarelli pensa che “sarebbe opportuno ridurre il numero dei magistrati fuori ruolo” e che “i togati lavorino nei palazzi di giustizia e non nei ministeri” perché, chiude colloquio Cottarelli, “molti giudici non accettano l’idea che un tribunale sia un’organizzazione complessa che produce un servizio e che tale servizio vada fornito in modo tempestivo”. Quindi “occorre sviluppare migliori capacità di gestione e organizzazione all’interno degli uffici giudiziari, il che richiede non solo addestramento adeguato ma anche il riconoscimento di una larga autonomia la dirigente”.
Questa la riforma della giustizia secondo Cottarelli. Dibattito aperto, ci mancherebbe, ogni idea è ben accetta e discutibile. L’importare è uscire dalla palude, dal dubbio, dalle commistioni strane. Ma c’è anche la necessità, in questa particolare fase 3, di riaprire fisicamente le porte dei tribunali, gli avvocati fremono e hanno parecchie ragioni dalla loro parte. Se i già ritardi diventano ritardissimi, paga il cittadino comune, quello in cerca di giustizia, quello che aspetto anni prima di arrivare alla sentenza, alla fine a volta di un calvario.