Arricchita di oggetti, rinnovata nell’allestimento la sala 12 della collezione Farnese del museo di Capodimonte vive di vita nuova o forse riprende a raccontare una storia antica. E’ una delle novità della riapertura del Museo di Capodimonte, il 9 giugno, (accanto a tutte le condizioni da rispettare per la visita LEGGI QUI) e che rientra e racconta questo movimento, ritmo innovativo intrapreso dal direttore Sylvain Bellenger. Protetto dalla sua colorata mascherina, il direttore racconta concretamente le novità di una progressiva rivisitazione del museo.
Innanzitutto, nella sala 12, è cambiato il colore alle pareti. Ad un attento sguardo si vede che il nuovo colore riecheggia quello dei frammenti policromi che, nascosti da una struttura dell’impianto luci, si trovano nella parte alta dei muri. Le tracce di antico, della storia di questo posto (erano più evidenti quando ospitavano l’armeria nel periodo in cui il direttore era Annibale Sacco) piano piano vengono evidenziate. Il colore terra di siena bruciata, detta rosso sanguigno, sostituisce il bianco precedente e rende caldo l’ambiente dedicato ai pittori emiliani.
Si tratta di una sala importante, cuore dell’istituzione museale dei Borbone: qui si accoglie la parte della collezione Farnese (ricordiamo che Carlo di Borbone era figlio di Elisabetta Farnese) che racconta un po’ il legame con il proprio territorio, visto che la famiglia che aveva la sua zona di influenza proprio su Parma e Piacenza. Nucleo di grande prestigio raccogliecraccoglie opere di Correggio, Parmigianino, Michelangelo Anselmi, Garofalo, Dosso Dossi e Lelio Orsi. Non mancano anche delle novità: vengono aggiunti due quadri fino ad ora relegati ai depositi, scrigno riaperto in occasione di una mostra sui Depositi dedicata proprio allo studio delle opere normalmente non visibili e non note. Si tratta di due quadri attribuibili a Annibale Carracci. O meglio, come racconta il direttore Bellenger di due copie di opere di Correggio ” Sono copie fatte dal Caracci di opere di Correggio – racconta il direttore– Perché il duca di Parma, Farnese, aveva la voglia di conservare degli affreschi di Correggio che dovevano sparire con la distruzione di una chiesa. Quindi lo chiedono a Carracci. Le opere sono come un ricordo, come una fotografia direi. Un’ opera monumentale di Caracci, che rappresenta un palinsesto di storia che poi arriva a Napoli e rientra nelle collezioni“.
L’altra novità è anche l’esposizione del servizio di piatti in marmo serpentino che conserva la bellezza del simbolo del giglio Farnese.
Ma il direttore Bellenger racconta anche il criterio su cui si basa questo nuovo allestimento della sala del museo di Capodimonte. Si tratta di una galleria, non una pinacoteca, che mette insieme opere pittoriche ma anche altri arti, ribadendo la pari dignità riconosciuta. Dunque vengono da una parte esposte le opere “a incrostazione” sui muri, mentre la sala è occupata da oggetti, tavoli, sculture. Questo allestimento, provvisorio dice Bellenger, è un passo nella direzione di un progetto che vuole annullare la separazione tra appartamenti privati e pinacoteca ma rendere tutto il palazzo “una casa reale con le sue bellezze” . Una reggia a tutti gli effetti.
IL CORRIDOIO SETTECENTESCO, raccontare la cultura borbonica
Il Real museo dell’epoca di Bellenger, vuole accogliere non solo opere pittoriche ma anche raccontare la cultura dell’epoca borbonica. Con questa idea è stato rinnovato corridoio al secondo piano del museo di Capodimonte. Per esempio si espongono i pezzi provenienti dall’Oceania, per raccontare l’apertura e la curiosità della cultura borbonica. Si tratta di oggetti presi dal capitano James Cook, esploratore e cartografo della marina mercantile britannica, che entrarono nelle collezioni borboniche grazie al dono fatto al re Ferdinando IV dal diplomatico e vulcanologo Lord Hamilton ( ambasciatore a Napoli della corte britannica). Sono pezzi ‘riemersi’ grazie alla mostra sui Depositi dove sono stati esposti. Queste opere fanno capire “quanto Napoli nel 700 – racconta il direttore Bellenger – fosse capitale dell’illuminismo con la sua curiosità per il lontano, per il profondo (gli scavi) e per i viaggi per il pianeta“. Questo corridoio racconta il gusto di un’epoca, la sua storia culturale. E in questo senso vengono inseriti servizi di porcellana realizzati dai Borbone, simbolo di una capacità tecnologica di un regno
Una industria che Carlo quando parte come re di Spagna, si porta dietro con tutti i suoi segreti. Anche se poi Ferdinando, suo figlio, dopo quasi venti anni riapre una produzione napoletana, con un proprio marchio di fabbrica (‘N’, ‘RF’, ‘FRF’ coronate).
Quindi troviamo in mostra oggetti che prima non rientravano nelle opere esposte perché non corrispondevano al criterio espositivo precedente, legato per lo più a rappresentare la pinacoteca. Il museo dell’epoca Bellenger cerca di dare un taglio complessivo, di illuminare il mondo borbonico, di creare nuove suggestioni e riflessioni, e soprattutto raccontare in maniera coinvolgente, un pezzo di storia.