Il suo impegno politico consiste nel suo modo di raccontare storie particolari elevandole a significati universali. Politico è nel suo perenne invito al dubbio, alla possibilità di osservare la realtà e il mondo da un altro punto di vista. Il »ma«, il »forse«, »l’oppure« che attraversano molti dei suoi testi servono a mitigare, a togliere ogni enfasi alle sue affermazioni, proponendole, al contrario, come pensieri sempre suscettibili di nuove e diverse interpretazioni.
Francesco Guccini compie 80 anni nella sua Pavana, tra i monti dell’Appennino Tosco-Emiliano.Cantautore e scrittore di successo (è nella cinquina finalista del Premio Campiello con «Tralummescuro»), occasionalmente attore, Guccini è stato anche docente di lingua italiana presso la sede bolognese dell’università americana «Dickinson College» e giovane giornalista per la «Gazzetta di Modena». Da «Folk beat n.1» del 1967 a «L’ultima Thule» del 2012, sono sedici gli album registrati in studio dal Cantautore, a cui si aggiungono otto dischi live, quattro raccolte e una carriera di esibizioni dal vivo che, in quarant’anni, ha toccato quasi quota cinquecento concerti.
Come scrittore pubblica ventiquattro libri, otto dei quali scritti assieme a Loriano Macchiavelli in un fortunato sodalizio che va avanti, ormai, da 23 anni. «Incontro», «Eskimo», «Farewell», «Il Vecchio e il Bambino», «L’avvelenata», «Autogrill», Amerigo«, sono solo alcuni dei successi di Guccini che hanno trovato interlocutori in tutte le generazioni: dai suoi coetanei, ai figli, fino ai nipoti, ciascuno alla ricerca di qualcosa di diverso, trovando nelle parole e nella musica dell’artista uno spazio proprio e privato. È stato considerato a lungo il cantautore politicizzato per eccellenza, un giudizio che lo stesso Guccini ha sempre respinto e a cui hanno contribuito le risonanze che si sono sempre colte fra le parole delle sue canzoni e le vicende e le occasioni, storiche e politiche, di decenni cruciali della vita civile.
Testi come “La Locomotiva”, “Cirano”, la stessa “Auschwitz” o “Dio è morto” hanno sempre solleticato le corde di chi ha cercato di etichettare la produzione musicale di Guccini. «La Locomotiva – come sottolinea lo stesso Guccini – non è una canzone politica, è una canzone che diventa politica. Nasce come un brano che ricorda la storia di Pietro Rigosi, un anarchico di fine ottocento. Una bella storia da raccontare che mi è capitata per caso tra le mani ma che non è mai stata presentata come una canzone politica. Ho sempre scritto canzoni esistenziali, mai politiche».