Ci sono vite per cui nessuno si inginocchia.
I migranti che affogano in mare, i palestinesi uccisi da Israele, i curdi massacrati da Erdogan. Eppure stanno sotto casa nostra. Ma non ci inginocchiamo neppure per Giulio Regeni, anzi vendiamo armi al dittatore egiziano Al Sisi che il nostro governo definisce persino un «alleato». Una solenne stupidaggine, sottolineava ieri Tommaso Di Francesco su il manifesto, eppure questo premier non dovrebbe rischiare di apparire a cavallo ma con una doppia sella.
Qui parliamo di stragi, di diritti negati, di terra rubata, di vite senza futuro. Iyad Hallaq, giovane autistico palestinese, la scorsa settimana è stato ucciso a bruciapelo a Gerusalemme: per gli arabi è la «normalità», oltre 130, ci informa Nena News, sono stati uccisi così nel 2019. Nessuno dei responsabili è stato mai punito.
Il premier canadese Justin Trudeau, che si era platealmente inginocchiato in tv per George Floyd, ora spalanca gli occhioni stupito davanti a un video del marzo scorso in cui i “suoi” poliziotti riempiono di botte un leader delle proteste dei nativi americani. Ma dove pensa di vivere il bel Trudeau? La lista è lunga, l’ipocrisia dilagante. Non è il momento per parlare di palestinesi, curdi, migranti africani e nemmeno di Regeni: sui media questo va di moda adesso, quindi se apri la tv, improvvisamente, vedi qualcuno, magari un potente, che si inginocchia.
Mai che questi li ho visti dire una parola per i palestinesi o i curdi. Forse un giorno arriverà una fuggevole genuflessione. Abbiamo lo schiavismo davanti a noi e nessuno fa nulla: 53 morti tra donne e bambini nel peschereccio di migranti affondato il 4 giugno nelle acque tunisine. Nessuno che per loro si inginocchi né qui né negli Usa, che da decenni conducono guerre devastanti, mettono sanzioni, stritolano intere popolazioni e provocano milioni di morti e di profughi.
Non è certo un male inginocchiarsi per un’altra causa – tutto il mondo ci riguarda – a patto che non diventi una sorta di moda (quante ne abbiamo viste) o peggio ancora un alibi che ci impedisce di vedere e di fare qualcosa per quanto accade a casa nostra. Oggi vorrebbero vietare alle Ong di salvare la gente in mare: è urgente ma non se ne occupa nessuno.
Per i curdi del Rojava massacrati da Erdogan l’anno scorso ci fu una certa mobilitazione, a parole: proseguiamo a vendere armi alla Turchia, così come all’Egitto del generalei Al Sisi i cui sgherri hanno massacrato Regeni e che dopo quattro anni non ha neppure imbastito un processo. Manco siamo capaci di ottenere giustizia per un nostro studente torturato e ucciso e in tv facciamo pure quelli solidali con la causa afro-americana? Diffiderei della solidarietà di un popolo come il nostro.
Tutto questo mentre il premier israeliano Netanyahu ribadiva l’intenzione di annettere la Valle del Giordano, cioè di prendersi altra terra ai palestinesi. Che verranno ridotti a vivere in bantustan, territori frammentati non collegati tra loro e senza diritto di cittadinanza: si chiama apartheid e nessuno di quelli che si inginocchiano adesso dice mai una parola in proposito.
Per fortuna la coalizione Black Lives Matter se ne è accorta e nella sua piattaforma prende di mira l’aiuto militare Usa a Israele che sta «perpetrando un genocidio e un apartheid» ed esprime sostegno alla campagna Bds, (Boicottaggio, Sanzioni e Disinvestimento) verso lo stato responsabile dell’occupazione illegale della Palestina. Quelli che si inginocchiano in tv lo sanno, oppure hanno avuto notizia della fresca sentenza della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo?
Dice che le campagne a favore del boicottaggio dell’economia israeliana non costituiscono una manifestazione di antisemitismo ma rientrano nel legittimo esercizio della libertà di espressione. In tanti fanno finta di niente. Come ci spiegava due giorni fa Michele Giorgio, la Germania, il paese europeo più potente, che vanta relazioni speciali con Israele e primo luglio assumerà la presidenza mensile del Consiglio di sicurezza Onu e quella semestrale Ue, farà di tutto per scongiurare sanzioni contro lo stato ebraico per l’annessione «a pezzi» della Cisgiordania.
E allora inginocchiamoci tutti contriti e solidali: anche nella lotta al razzismo il doppio standard è salvo.