Il 21 giugno 1978 un gruppo di fuoco delle Brigate Rosse, costituito da tre uomini, uccide, a bordo di un autobus, il commissario Antonio Esposito. Dirige il commissariato di Nervi ma in precedenza ha avuto un ruolo di punta nel contrasto al terrorismo di sinistra. I brigatisti, colpita la vittima, fanno fermare l’autobus e fuggono a bordo di un’auto in attesa. L’omicidio è il primo compiuto dalle Brigate Rosse dalla fine del sequestro Moro. Fa grande impressione a Genova, città da anni al centro della sanguinosa attività dell’organizzazione.
Esposito, entrato nella polizia nel 1968, braccio destro di Criscuolo a Torino (dove inizia ad occuparsi delle BR), dirigente dell’ufficio antiterrorismo per la Liguria fino alla riforma dei servizi di sicurezza, Esposito ha rappresentato in più di una occasione la «linea dura» tra le varie polizie in concorrenza nelle indagini sul terrorismo. In particolare nel 1976, dopo l’attentato a Coco, si verificano durante le indagini da lui dirette pesanti tentativi di coinvolgere compagni e democratici, e si concretizza l’aberrante montatura contro il compagno Giuliano Naria.
In altri casi assume posizioni diverse. Sempre partecipa, comunque alla lotta tra i vari corpi, che raggiunge a Genova forme molto violente. Tre o quattro mesi fa viene la nomina di Esposito a commissario di Nervi. E con ciò la sua esclusione dai servizi ristrutturati e la revoca totale del servizio di scorta, che lo proteggeva ormai da anni. Perché Esposito fu escluso, nonostante la. sua esperienza non comune, dai nuovi servizi di sicurezza? E perché gli fu ritirata la scorta, condannandolo a morte?
Tra la fine del 1977 e l’inizio del 1978 le Brigate Rosse si trovavano in una fase di forte espansione numerica e organizzativa: dopo aver esteso la loro attività inizialmente a Milano e Torino, nel 1976, dopo un periodo di crisi seguito alla cattura da parte delle forze dell’ordine della maggior parte dei militanti del gruppo iniziale, la nuova dirigenza del Comitato Esecutivo, la struttura che coordinava a livello nazionale l’attività di lotta armata, era riuscita a costituire due nuove colonne. A Roma era in corso di pianificazione il cosiddetto “attacco al cuore dello stato” contro esponenti politici di primo piano della Democrazia Cristiana; mentre a Genova, grazie all’intervento nella città di due importanti e capaci militanti dell’organizzazione, Mario Moretti e Rocco Micaletto, era stata organizzata una efficiente e temibile colonna inserita nella realtà economica e sociale della città.
All’inizio del 1978 i nuclei antiterrorismo erano stati sciolti nel quadro della ristrutturazione in corso delle forze di polizia e dei servizi di informazione e il commissario Esposito a marzo venne trasferito a dirigere il commissariato di Nervi a Genova, mentre la moglie Anna Maria Musso, assistente di polizia, era impiegata alla Questura del capoluogo ligure. Secondo la testimonianza della moglie, sembrerebbe che il commissario Esposito avesse rilevato da qualche tempo un’auto sospetta che apparentemente aveva controllato i suoi movimenti e il percorso dell’autobus che egli utilizzava per recarsi al lavoro la mattina. Esposito era cosciente della possibile minaccia del terrorismo e pur assumendo un atteggiamento fatalista, aveva preso alcune precauzioni per individuare eventuali pedinamenti e per sviare possibili attentatori. Tuttavia il commissario generalmente non girava armato e non aveva fatto richiesta di una scorta; egli, che era altamente apprezzato dai suoi sottoposti per le capacità, la preparazione e la correttezza, aveva confidato ad un collega la sua pessimistica convinzione di essere un facile obiettivo per eventuali terroristi.