L’Editoriale- La Francia indica la strada verde. La vittoria dei Verdi alle municipali in Francia non ha soltanto riportato al centro del dibattito politico le istanze ambientaliste, che parevano passate in secondo piano rispetto alle urgenze della ripresa economica post Covid-19. Gli elettori hanno consacrato con il loro voto anche l’assenza di un’alternativa di sinistra al macronismo al potere e anche alla destra.
E’ stato apparentemente smentito, almeno in Francia, chi sosteneva che le priorità della ripartenza potevano prevalere sugli obiettivi climatici. Proprio quando le manifestazioni dei giovani seguaci di Greta Thunberg stavano cominciando ad ottenere qualche risultato e ascolto, era la teoria, è arrivato qualcosa di talmente più urgente da far dimenticare i “Fridays for Future” e l’emergenza climatica. Al contrario, una delle principali preoccupazioni dei francesi riguarda proprio l’ambiente, assieme a quelle della sicurezza sociale e del potere di acquisto, secondo gli ultimi sondaggi, e si sta facendo strada una consapevolezza sull’opportunità, nel dover rivedere i meccanismi sociali ed economici, di farlo in modo “sostenibile”.
Il risultato, ottenuto alle elezioni locali dopo il fiasco delle presidenziali e il buon risultato delle Europee, ripropone anche in Francia una situazione alla tedesca, dove la maggior parte dei “laender” sono governati dai verdi che invece non partecipano alla “grosse koalition” della cancelliera Angela Merkel.
Un elemento che ha determinato la vittoria verde di ieri è la doppia appartenenza civile e politica di molti dei candidati di successo. Un’altra caratteristica che differenzia la partecipazione dei movimenti Verdi alla politica nei paesi in cui hanno successo è la disponibilità a far parte di coalizioni di governo. “Ci sono 5 paesi Ue guidati da coalizioni di cui fanno parte i verdi”. L’ultima in ordine di tempo è l’Irlanda, che nei giorni scorsi ha finalmente, dopo alcuni mesi di trattative, messo insieme una maggioranza di governo, con una coalizione di cui fanno parte i Verdi che hanno accettato (con un voto dei militanti) di sostenere i partiti di centrodestra Fianna Fail e Fine Gael.
E’ un approccio pragmatico, seguito anche negli altri 4 paesi in cui gli ambientalisti, dopo aver ottenuto buoni risultati elettorali, sono stati inclusi nelle maggioranze al potere: in Svezia, i Socialdemocratici e i Verdi governano con l’appoggio esterno di Partito di Centro, Partito della Sinistra e Liberali. In Finlandia, da quasi 7 mesi la socialdemocratica Sanna Marin guida un governo che comprende anche Alleanza di Sinistra, Lega Verde, Partito di Centro e Partito popolare. In Austria, il conservatore Sebastian Kurz guida un governo di coalizione con i Verdi, che hanno il posto di vicecancelliere e vari ministeri fra i quali quello dell’Ambiente e delle Infrastrutture. In Lussemburgo, infine, la coalizione di governo del dopo Juncker, ovvero dal 2013, è composta da Partito democratico, partito socialista operaio e Verdi: è detta Gambia perché il rosso, blu e verde dei rispettivi simboli formano la bandiera del paese africano.
Oltre che in 5 governi e in molte amministrazioni locali, i Verdi hanno avuto un buon risultato alle elezioni europee dell’anno scorso: nonostante solo 16 dei 27 paesi ne abbiano eletto i componenti (l’Italia per esempio non ne ha mandato nemmeno uno), con i suoi 74 deputati il gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea è la quarta forza politica del Parlamento europeo.