Martedì sera, cioè ieri, con evento che scuote la nostra acquisita modernità tecnologica. acquisita nel bene e nel male, nelle necessità ma anche negli eccessi. All’improvviso WhatsApp non funziona: le segnalazioni arrivano dai social, su Twitter l’hashtag #whatsappdown è subito trending topic, mentre il sito di monitoraggio Downdetector segnala malfunzionamenti a macchia di leopardo in tutta Europa ma le difficoltà appaiono estese a livello mondiale. La chat più utilizzata nel mondo riscontra problemi tecnici non precisati che impediscono agli utenti di collegarsi ed accedere alle proprie conversazioni.
E come facciamo ? Sì, è vero, c’è sempre Messanger. Ma ormai siamo “strozzati dall’abitudine di WhatsApp. Finisce il mondo se si bloccano i colloqui virtuali e sintetici tra amici, amanti, fidanzati, parenti e conoscenti. La precarietà della tecnologia, insomma. Ma c’è poco tempo per incazzarsi o per le analisi socio-patologiche, nel giro di un’oretta il servizio riprende a funzionare normalmente, possiamo salutarci per la buonanotte e con il classico “a domani”. Il resto sarebbe troppo lungo da spiegare: cosa siamo diventati, come ci muoviamo in questo tipo di società a metà strada tra reale e virtuale, la nostra impellente necessità di comunicare e comunicarsi, il sentirsi liberi ma nello stesso tempo prigionieri.