LA RESPONSABILITÀ E IL CORAGGIO
“Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta” (Buckminster Fuller).
Nei prossimi giorni si chiuderanno i “giochi” per la costruzione delle liste e la presentazione delle candidature a Sindaco di Angri, una piccola e devastata cittadina della devastatissima pianura campana nella quale sono nato ed in cui la mia famiglia vive da generazioni.
Lo scenario politico non è dei più incoraggianti, a voler essere molto gentili con le parole.
Da un lato ci sono i tradizionali rappresentanti del “ceto politico” locale: vecchi, giovani vecchi e giovani vecchissimi, che, secondo una logora tradizione ormai ultra ventennale, ciclicamente (e con esiti anche decisamente paradossali) si aggregano, dividono e ricompattano, spesso secondo riconoscibili linee familiari, sempre diversi e sempre tenacemente uguali a se stessi. Aggrappati a logiche e visioni modestissime che, anche a dispetto delle migliori intenzioni di alcuni di loro (pochissimi, per la verità), ha prodotto come esito storico “oggettivo” la riduzione dell’esperienza democratica alla perpetuazione di dinamiche avvilenti di pura conservazione di ruoli e prospettive personali. E che ha generato una tendenza apparentemente inarrestabile di sottosviluppo economico e di degrado sociale, culturale e istituzionale.
Agli esponenti del “ceto politico” si contrappone (nelle dichiarazioni e negli intenti, più che nella pratica) una vasta area di potenziale rappresentanza della voglia di cambiamento, che muove da esperienze, competenze, linguaggi e culture politiche diverse. Frammentata, rissosa, non particolarmente più incline del mediocre “ceto politico” allo sviluppo di visioni solide e di progettualità adeguate agli obiettivi di sviluppo del territorio, ha sinora mostrato la straordinaria capacità di anteporre con grande disinvoltura le ragioni di un’appartenenza “prosaica” (a una corrente, a una corrente di una corrente, a una corrente di una corrente di una corrente sino addirittura alla piccola e narcisistica auto-rappresentazione pubblica del propria persona) a quelle dei “sacri” valori pubblici professati: partecipazione, trasparenza, legalità, meritocrazia, inclusione, sostenibilità ambientale, lavoro. Privando le persone come me e come tantissimi altri (ne sono convinto) della possibilità di sentirsi rappresentati nella prossima competizione elettorale.
Si può ancora uscire da questa palude? I “nani” del cambiamento – destinati ad una sicura irrilevanza politica – possono superare le ridicole ragioni delle loro divisioni per proporsi in maniera più credibile come alternativa autorevole, solida e inclusiva? Oppure noi cittadini saremo costretti ad assistere alla solita guerra interna all’immutabile “ceto politico”, anche quando si presenta con i volti “sognanti” di giovani vecchissimi?
Lo spazio di agibilità politica è minimo, non nascondiamoci dietro un dito. E l’insuccesso di alcuni tentativi, pure generosi, di rompere gli “steccati” (doveroso ricordare, in questo senso, gli sforzi compiuti soprattutto da Salvatore Abate) sembra non lasciare alcuna speranza.
Eppure un tentativo va fatto, se non altro a futura memoria. E per non pregiudicare il futuro prossimo e quello più remoto della nostra comunità. Lasciandola in balia di comitati d’affari e interessi opaci.
Salvatore Abate, Eugenio Lato, Giuseppe Iozzino, Ferruccio Iaccarino mostrino un senso di responsabilità adeguato alla difficoltà e alla gravità del momento e facciano un passo di lato, con generosità, superando così la logica dei veti incrociati.
Si riuniscano rapidamente con le rispettive (piccole) comunità politiche e si aprano, in maniera autentica, senza pregiudizi e senza strumentalità, al confronto con i tanti soggetti del territorio: con i giovani di Libera, di AVotaBona, di Alba Vitae, di Legambiente, delle Sardine, degli Escursionauti, di Pessoa, delle mille presenze vitali (scusatemi se non le cito tutte) che, a dispetto di un contesto “ostile”, pure animano il tessuto dell’associazionismo locale, esprimendo competenze, idee, valori e sensibilità anche straordinarie.
Si scelgano un Sindaco di tutti, andando oltre le proprie minute (e davvero secondarie) ambizioni personali. E diano prova di sconsiderata audacia.
Traducendo gli obiettivi condivisi di sviluppo sostenibile, inclusivo e “intelligente” in progetti nuovi e “straordinari”, da pensare e realizzare secondo modalità “rivoluzionarie”, perché basate “solo” sulla trasparenza, sulle capacità e su un’instancabile ricerca del Bene Comune, per le generazioni di oggi e per quelle che verranno, anche molto dopo di noi.
Pescando il nome del nostro Sindaco tra volti nuovi, anche giovani e giovanissimi. Che abbiano autenticamente a cuore il destino di questa città, la disponibilità non banale di mettere da parte per un periodo alcuni piani di vita, la resistenza al “fuoco amico” e a qualche palata di merda che gli si riverserà inevitabilmente addosso e la pazienza di tessere la trama complessa della collaborazione tra singoli e gruppi separati molto più dalle parole e dai pregiudizi personali che non dai valori.
Le risorse non mancano: Antonio Granatino, Roberto Falcone, Francesca Postiglione, Paolo Parente, Antonietta Giordano, Christian De Vivo, Alessio Smaldone, Giuseppe Vitiello, Silvio Iacuzio, Sergio Ruggiero Perrino, Raffaele Del Pezzo, Chiara Postiglione (per citare quelli che più o meno conosco, ma chissà quanti altri ancora ce ne sono in giro) sono nomi tutti buoni per unire forze ora divise e per lanciare questa grande sfida.
Se ci sono candidati a Sindaco che ritengono (non si capisce proprio perché) di farci sognare, allora una/o qualsiasi di queste/i, al servizio di un progetto collettivo di restituzione delle Istituzioni alla Politica (entrambe, non casualmente, con la maiuscola) non potrebbe che regalarci, quantomeno, un lunghissimo, potente ed ineguagliato orgasmo.
Siate audaci. Siate coraggiosi. Sperimentate il nuovo e l’impensabile.
Massimo Padovano