destinata al sacerdote celebrante, e degli altri sacramenti, che spetta invece
alla parrocchia. Si tratta di un’offerta che, per sua natura, deve essere un atto
libero da parte dell’offerente, lasciato alla sua coscienza e al suo senso di
responsabilità ecclesiale, non un ‘prezzo da pagare’ o una ‘tassa da esigere’,
come se si trattasse di una sorta di ‘imposta sui sacramenti’ per la Santa Messa, i fedeli contribuiscono al bene della Chiesa e partecipano della sua sollecitudine per il sostentamento dei ministri e delle opere”.
Il Vaticano sottolinea che, proprio eliminando i tariffari per le celebrazioni,
“si rivela importante l’opera di sensibilizzazione dei fedeli, perché contribuiscano volentieri alle necessità della parrocchia, che sono ‘cosa loro’ e di cui è bene che imparino spontaneamente a prendersi cura, in special modo in quei Paesi dove l’offerta della santa messa è ancora l’unica fonte di sostentamento per i sacerdoti e anche di risorse per l’evangelizzazione. La suddetta sensibilizzazione potrà procedere tanto più efficacemente quanto più i presbiteri da parte loro offriranno esempi ‘virtuosi’ nell’uso del denaro, sia con
uno stile di vita sobrio e senza eccessi sul piano personale, che con una
gestione dei beni parrocchiali trasparente e commisurata non su ‘progetti’ del
parroco o di un gruppo ristretto di persone, magari buoni, ma astratti, bensì sui
reali bisogni dei fedeli, soprattutto i più poveri e bisognosi”.
In ogni caso, precisa ancora la Congregazione per il clero, “dall’offerta delle messe deve essere assolutamente tenuta lontana anche l’apparenza di contrattazione o di commercio, tenuto conto che è vivamente raccomandato ai sacerdoti di celebrare la messa per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei più poveri, anche senza ricevere alcuna offerta. Tra gli strumenti che possono consentire il raggiungimento di tale fine, si può pensare alla raccolta delle offerte in modo anonimo, così che ciascuno si senta libero di donare ciò che può,
o che ritiene giusto, senza sentirsi in dovere di corrispondere a un’attesa o a un
prezzo”.
Un altro aspetto molto importante del documento riguarda gli incarichi che possono rivestire i laici nelle parrocchie. Un tema che è stato anche al centro del recente Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia dove è stato proposto a larga maggioranza di ordinare preti sposati per sopperire alla mancanza di clero. Ma Francesco, almeno per il momento, ha chiuso a questa possibilità. L’istruzione della Congregazione per il clero afferma che “è responsabilità del vescovo diocesano e, per quanto gli compete, del parroco, che gli incarichi dei diaconi,
dei consacrati e dei laici, che hanno ruoli di responsabilità in parrocchia, non siano designati con le espressioni di ‘parroco’, ‘co-parroco’, ‘pastore’, ‘cappellano’, ‘moderatore’, ‘coordinatore’, ‘responsabile parrocchiale’ o con altre denominazioni simili, riservate dal diritto ai sacerdoti, in quanto hanno diretta attinenza con il profilo ministeriale dei presbiteri”.
Ma nel documento ci sono delle importanti aperture per i laici. “Il vescovo, a suo prudente giudizio, – si legge nel testo – potrà affidare ufficialmente alcuni incarichi ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici, sotto la guida e la responsabilità del parroco, come, ad esempio: “Primo: la celebrazione di una liturgia della Parola nelle domeniche e nelle feste di precetto, quando per mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica. Si tratta di una eventualità
eccezionale, a cui fare ricorso solo in circostanze di vera impossibilità e sempre
avendo cura di affidare tali liturgie ai diaconi, qualora siano presenti. Secondo: l’amministrazione del battesimo, tenendo presente che ministro ordinario del
battesimo è il vescovo, il presbitero e il diacono. Terzo: la celebrazione del rito
delle esequie”.
La Congregazione per il clero stabilisce, inoltre, che “i fedeli laici possono predicare in una chiesa o in un oratorio, se le circostanze, la necessità o un caso particolare lo richiedano, secondo le disposizioni della Conferenza episcopale e in conformità al diritto o alle norme liturgiche e nell’osservanza delle clausole in essi contenute. Essi non potranno invece in alcun caso tenere l’omelia durante la celebrazione dell’Eucaristia. Inoltre, dove mancano
sacerdoti e diaconi, il vescovo diocesano, previo il voto favorevole della Conferenza episcopale e ottenuta la licenza dalla Santa Sede, può delegare dei laici perché assistano ai matrimoni”.