Chiara Ferragni agli Uffizi, immortalata anche in uno scatto sul sito delle Gallerie dal direttore Eike Schmidt, che l’ha paragonata nientemeno che alla Venere di Botticelli, ha sollevato un gran polverone.
Studi mirati nell’ambito dell’influencer marketing ora hanno rilevato che, se gli influencer hanno saputo adattare la loro comunicazione alla pandemia, acquistando un ruolo sociale per i followers, nell’era post Covid raccolgono abbondantemente i frutti. Con il lockdown l’uso dei social media è schizzato alle stelle dando un impulso come mai si è verificato prima, alla digitalizzazione di massa. Uno scatto in avanti irreversibile di cui beneficia più che mai il business dei web creator. In un periodo di contrazione globale dei consumi, non solo si è assistito all’aumento del volume degli acquisti online, ma anche di quei prodotti veicolati dalla pubblicità tramite le star del web. Del resto, in un momento di contrazione economica, le aziende sono sempre più stimolate a investire nell’influencer marketing che è più flessibile e ben si adatta alle restrizioni del post pandemia, ma è anche più conveniente.
Ma facciamo un salto indietro, in epoca pre virus: secondo una ricerca condotta dagli studenti del Master in Fashion, Experience & Design Management (Mafed) della Sda Bocconi promossa da Salesforce con la Camera nazionale della moda italiana, prima della pandemia l’80% degli acquisti di lusso era influenzato dai social media visivi, in particolare dalle storie di Instagram. Il 43% dei marchi del lusso aveva dichiarato che Instagram e Facebook erano i canali più importanti da presidiare, ma i contenuti non erano, secondo i brand di lusso, sufficientemente mirati. Infatti l’89% dei Millennial e della Generazione Z seguiva meno di 10 marchi luxury sui propri profili Instagram e il negozio rimaneva un punto di riferimento fondamentale: il 52% degli intervistati preferiva fare acquisti nei grandi negozi monomarca per accedere in maniera più appagante all’esperienza del brand. Ma questo avveniva, appunto, prima che il Coronavirus aumentasse la distanza tra consumatore e punto vendita.
Ora le grandi catene di fashion stanno riducendo la loro presenza sul territorio e molti negozi stanno chiudendo i battenti. Secondo un’indagine promossa dall’OIM – Osservatorio Influencer Marketing e condotta da Ipsos su un panel di oltre 500 consumatori/follower, riguardante l’influencer marketing e il Covid, ha evidenziato che il 38% dei followers chiede agli influencer di consigliare, raccontare e recensire prodotti e servizi. Il 52% ha confermato di aver eseguito almeno un’azione proposta da un influencer. A confermare il livello di fiducia riposta dalla community nei web creator durante il lockdown è confermata ancora una volta dalla statistica dell’OIM: all’interno del 52% di followers che si sono attivati grazie ai consigli di un influencer, il 61% ha preso spunto per una ricetta di cucina, il 49% per un allenamento fisico e addirittura il 33% ha fatto una donazione.