C’è qualcosa di stonato in questa vicenda scandalosa dei parlamentari che hanno chiesto e ottenuto il bonus Covid. La segnalazione del loro vergognoso operato, secondo quanto ha rivelato Repubblica, arriva direttamente da una struttura speciale dell’ente erogatore, la Direzione centrale Antifrode, Anticorruzione e Trasparenza dell’Inps. Solo che nessuna delle tre attribuzioni di questa struttura è stata rispettata: non c’è frode, perché nella sua scelleratezza la richiesta dei cinque era legale; non c’è corruzione, perché come tutti sanno le richieste sono avvenute per via telematica su un bonus assegnato a qualunque partita Iva l’abbia richiesto; e purtroppo non c’è trasparenza, da parte dello stesso Inps, che sta distillando le informazioni in modo opaco e incomprensibile, per chi come me si ostina a non credere che ciò avvenga in modo studiato. L’effetto però è lo stesso: lo sputtanamento è a pioggia, come il bonus. L’ufficio non può fare nomi, ma in compenso può far filtrare i supposti gruppi parlamentari di appartenenza, come indizi per un gioco di società. Manca solo che si cominci a rispondere dall’Inps “acqua” o “fuochino” alle ipotesi giornalistiche e politiche. Questo invece tutto è tranne che un gioco, e sta provocando il lockdown reputazionale di tutto il parlamento, nell’impossibilità di isolare i cinque contagiati. E siccome è stato fatto esplodere (casualmente, fino a prova del contrario) solo sei settimane prima di un referendum che riguarda proprio il parlamento, nonché di una importantissima tornata elettorale, urge porre fine immediata alla caccia all’untore nell’unico modo possibile. Che è la pubblicazione della lista di tutti i parlamentari, governatori, consiglieri e sindaci di capoluogo percettori del bonus. E a chi griderà alla gogna sarà giusto rispondere che a questo punto alla gogna ci sono tutti, e il solo modo per salvaguardare la reputazione di 940 parlamentari è rendere noti i nomi degli altri 5.
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