Cittadinanza onoraria a Morra De Sanctis per il governatore De Luca: “È con grande soddisfazione che ricevo oggi la cittadinanza onoraria di Morra, in Alta Irpinia, terra di Francesco De Sanctis, un grande uomo di cultura, un grande intellettuale che ha lottato per l’unità d’Italia e ha pagato il prezzo delle sue idee.”
Francesco Saverio de Sanctis nacque nel 1817 a Morra Irpina (Avellino), da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Il padre era dottore in diritto e due zii paterni, uno sacerdote e l’altro medico, vennero esiliati per aver preso parte ai moti carbonari del 1820-21.
Trascorso un breve soggiorno a Morra, dove iniziò ad insegnare nella scuola dello zio che si era ammalato, il De Sanctis ritornò a Napoli dove, per interessamento dello stesso Puoti, venne nominato professore alla scuola militare preparatoria di San Giovanni a Carbonara (1839-1841) e in seguito al Collegio militare della Nunziatella (1841-1848), dove ebbe come allievo tra gli altri Nicola Marselli.
Alla Nunziatella il de Sanctis iniziò a trattare problematiche di carattere letterario, estetico, stilistico, linguistico, storico e di filosofia della storia prendendo le distanze dal purismo di Puoti dopo aver scoperto alcuni testi dell’Illuminismo francese (d’Alembert, Diderot, Hélvetius, Montesquieu, Rousseau e Voltaire) e di quello italiano (Beccaria, Cesarotti, Filangieri, Genovesi, Pagano).
De Sanctis passò così da una prima fase intrisa di sensibilità romantica e leopardiana, di forte polemica anti-illuministica e di convinta adesione a un programma cattolico-liberale, giobertiano, di restaurazione civile e morale, ad una seconda fase, nel costituire la quale ebbero grande parte la lettura di Hegel e le esperienze drammatiche del 1848.
Nel maggio del 1848 come membro dell’associazione “Unità Italiana” diretta dal Settembrini, partecipò con alcuni dei suoi allievi ai moti insurrezionali e in seguito a questa sua iniziativa, nel novembre del 1848 viene sospeso dall’insegnamento.
Nel novembre del 1848 egli preferì allontanarsi da Napoli recandosi nell’entroterra calabrese, ospite prima nella città del Guiscardo di San Marco Argentano(Cs) presso il Seminario Vescovile, poi nel vicino Borgo di Cervicati (Cs) dove aveva accettato un incarico di precettore propostogli dal barone Francesco Guzolini.
Qui scrisse i suoi primi “Saggi critici”, cioè le prefazioni all’Epistolario leopardiano e alle “Opere drammatiche” di Schiller, ma nel 1850 viene arrestato e recluso a Napoli nelle prigioni di Castel dell’Ovo dove rimase fino al 1853 quando, espulso dal Regno dalle autorità borboniche e fatto imbarcare per l’America, riuscì a fermarsi a Malta e quindi a rifugiarsi a Torino.
Dal carcere uscì indubbiamente un De Sanctis diverso al quale la realtà aveva distrutto le illusioni e al pessimismo e misticismo giovanile era subentrata una moralità più eroica e alfieriana e che, grazie alla lettura di Hegel, aveva maturato una diversa concezione del divenire della storia e della struttura dialettica della realtà.
A Torino, la cultura moderata gli negò una cattedra ma De Sanctis riuscì comunque a svolgere un’intensa attività letteraria. Trovò un incarico di insegnante presso una scuola privata femminile dove insegnò lingua italiana, diede lezioni private, collaborò a vari giornali dell’epoca come “Il Cimento” divenuta in seguito “Rivista Contemporanea”, “Lo Spettatore”, “Il Piemonte”, “Il Diritto” e iniziò a tenere conferenze e lezioni tra le quali quelle famose su Dante che, per la loro originale impostazione e per l’analisi storica e poetica, gli fecero ottenere, nel 1856, una cattedra di letteratura italiana presso il Politecnico federale di Zurigo.
A Zurigo, dove insegnò dal 1856 al 1860, il De Sanctis tenne lezioni su Dante, sui poemi cavallereschi italiani e su Petrarca.
Zurigo, che in quegli anni era sede di grande confronto intellettuale, diede a De Sanctis l’occasione di elaborare meglio il proprio metodo critico, di approfondire le proprie meditazioni filosofiche e di raccogliere il materiale documentario tra il quale assai importante risultano essere le conferenze petrarchesche del 1858-1859 che saranno la base del saggio pubblicato nel 1869 a Napoli dall’editore Morano. Ebbe anche l’occasione di diventare membro attivo del Circolo degli Scacchi della Città: “Ieri sono stato eletto membro della società degli scacchi, pagando il diploma quattro franchi. È la prima società tedesca di cui faccio parte. Qui tutto si risolve in società”
Intanto, con l’unione negli anni ’60 del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna per la costituzione del Regno d’Italia, il De Sanctis poté tornare in patria dove portò avanti, contemporaneamente alla sempre fervida attività letteraria, anche l’attività politica.
Nel 1860 conobbe Giuseppe Mazzini e, dopo aver interrotto il ciclo di lezioni sulla poesia cavalleresca, sottoscrisse il manifesto del Partito d’Azione per caldeggiare l’unificazione e per combattere le idee estremiste dei repubblicani.
Da quel momento egli si immerse di slancio nella nuova realtà politica italiana ritrovando nell’azione la possibilità di rendere concreto l’ideale appreso da Machiavelli, Hegel e Manzoni e cioè quello dell’uomo totalmente impegnato nella realtà.
Si dedicò pertanto ininterrottamente, ora all’attività di politico e ministro, ora a quella di giornalista, ora a quella di critico e storico della letteratura e infine a quella di professore.
In seguito alla conquista di Garibaldi il De Sanctis venne nominato governatore della provincia di Avellino e per un brevissimo periodo fu ministro nel governo Pallavicino collaborando per il rinnovamento del corpo accademico napoletano.
Nel 1861 venne eletto deputato al parlamento nazionale, aderendo alla prospettiva di una collaborazione liberal-democratica, e accettò il ministero della Pubblica Istruzione nei gabinetti Cavour e Ricasoli, per cercare di attuare la difficile opera di fusione tra le amministrazioni scolastiche degli antichi stati.
Nel 1862 passò però all’opposizione e in collaborazione con il Settembrini, promosse una “Associazione unitaria costituzionale” di sinistra moderata, che ebbe come voce il quotidiano “Italia” diretto dallo stesso De Sanctis dal 1863 al 1865.
Il fallimento delle elezioni del 1865 coincise con il ritorno del De Sanctis a un grande impegno di studi concentrato sulla struttura di una storiografia letteraria che fosse di respiro nazionale, questione che affronterà nei saggi sulle Storie letterarie del Cantù in Rendiconti della R. Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli del 1865, e sul Settembrini, Settembrini e i suoi critici, in Nuova Antologian (marzo 1869).
Nel frattempo De Sanctis stava già lavorando a una Storia della letteratura italiana che, nata come testo scolastico, si sviluppò assai presto in un’opera di ampia e complessa portata.
Dal 1872 De Sanctis insegnò letteratura comparata presso l’università di Napoli e quell’anno accademico iniziò con il discorso su “La scienza e la vita”.
I corsi da lui tenuti in quegli anni si intitolano a Manzoni (1872), la scuola cattolico-liberale (1872-’74), la scuola democratica (1873-’74), Leopardi (1875-1876).
Questi scritti, che svolgono tutti quei temi di Letteratura contemporanea che nella storia della letteratura non ebbero spazio per esigenze editoriali, furono raccolti da Francesco Torraca e solo in parte rivisti dal De Sanctis.
Nel 1876, prevalendo la Sinistra, De Sanctis si dimise da professore e accettò da Benedetto Cairoli un nuovo incarico ministeriale (1878-1880) mentre il suo interesse critico si rivolgeva al naturalismo francese come testimonia lo Studio sopra Emilio Zola che apparve a puntate sul “Roma” nel 1878 e lo scritto “Zola e l’assommoir” pubblicato nel 1879 a Milano.
Intervenne in Parlamento dopo il tentato attentato al re Umberto I da parte dell’anarchico Giovanni Passannante, manifestando la sua contrarietà di sincero democratico ad ogni tipo di repressione:
«Io, signori, non credo alla reazione; ma badiamo che le reazioni non si presentano con la loro faccia; e quando la prima volta la reazione ci viene a far visita, non dice: io sono la reazione. Consultatemi un poco le storie; tutte le reazioni sono venute con questo linguaggio: che è necessaria la vera libertà, che bisogna ricostituir l’ordine morale, che bisogna difendere la monarchia dalle minoranze. Sono questi i luoghi comuni, ormai la storia la sappiamo tutti, sono questi i luoghi comuni, coi quali si affaccia la reazione.[5]»
Ritornato a Napoli si dedicò alla rielaborazione del materiale leopardiano, che fu pubblicato postumo nel 1885 con il titolo Studio su G. Leopardi, e alla dettatura di ricordi autobiografici che arrivano fino al 1844, pubblicati da Villari nel 1889 con il titolo La giovinezza: frammento autobiografico.
Colpito da una grave malattia agli occhi, De Sanctis morì a Napoli nel 1883. In suo onore la città natale, Morra Irpina, è stata ribattezzata Morra De Sanctis.