
Un quindici settembre di protesta per gli scavi archeologici di Pompei. Annunciano di incrociare le braccia per l’intero turno di lavoro i dipendenti della società Opera Laboratori Fiorentini. In pratica gli addetti che gestiscono i servizi cosiddetti “aggiuntivi”, ma assolutamente necessari per il funzionamento del sito. Come l’accoglienza, il controllo accessi, la biglietteria, l’ufficio guide e ufficio informazioni. Lo sciopero, indetto dai Cobas del Lavoro Privato, nasce dalla situazione complessa e incresciosa in cui si trova chi è indispensabile per le aperture del noto sito campano.
Innanzitutto non hanno ancora percepito le integrazione salariale della cassa integrazione dovuta dall’INPS. Ma oltre a questo si vedono ridurre l’ orario di lavoro, lo stipendio, ma non i giorni di servizio. Si chiama ‘riduzione dell’orario orizzontale’ che significa che le spese, anche quelle per i trasporti per raggiungere il posto di servizio, restano uguali, mentre i guadagni e lo stipendio di fatto vengono ridotti. I lavoratori, non ascoltati dall’azienda, hanno deciso la protesta per far sentire la propria voce.
Il punto è che così non è facile continuare. “L’azienda ha fino ad oggi ignorato – è scritto nella lettera di proclamazione dello sciopero dei Cobas – le richieste dei lavoratori di ridistribuire l’orario di lavoro con una riduzione verticale che consenta di effettuare lo stesso monte orario di lavoro ripartito in meno giorni della settimana”.
Un metodo per associare alla riduzione di lavoro anche la riduzione di spese. Una richiesta non presa proprio in considerazione dall’azienda. Scrivono i Cobas: “il tentativo di conciliazione in sede aziendale è stato esperito con esito negativo per mancata convocazione da parte dell’autorità competente”.