Questa notte a Scafati è esplosa un’altra bomba, l’ennesima. Paura, tanti post indignati e di doverosa solidarietà all’esercizio commerciale colpito, rabbia.
Poi, oviamente, come sempre e giustamente si scrive, saranno le forze dell’ordine a fare luce sull’accaduto.
Ma il punto è proprio questo, quel “come sempre”.
Dove “sempre” è diventata la nostra abitudine, a tratti la nostra rassegnazione ed il nostro sconforto collettivo, a quello che accade.
È tutto il giorno che penso a cosa scrivere a proposito, perché questo oramai facciamo: scriviamo qua sopra cose anche giuste, e poi ce le lasciamo scorrere addosso, oscillando tra l’indifferenza e l’impotenza.
“Come sempre”: come sempre poi cala il silenzio, fino alla prossima esplosione nel cuore della notte, ai prossimi post, alla prossima solidarietà, alla prossima rabbia momentanea.
Oramai non fanno nemmeno più notizia le inchieste, gli arresti, i processi: li consideriamo fatti marginali, racconti tutt’al più di colore.
Ma non è così: quello che accade, accade nella città che secondo le statistiche è la più povera della provincia, la città con un uno dei più alti tassi di disoccupazione del comprensorio, dove gli esercizi commerciali chiudono e le imprese non nascono, dove sempre più persone pensano sia forse giusto andare via. E tutto questo non è frutto del caso, ma colpa della cappa sotto la quale purtroppo viviamo, una cappa asfissiante che si chiama criminalità, che si chiama camorra. Ogni tanto fa rumore, sembra destarci, ma poi si riabissa, dandoci una relativa e falsa sensazione di tranquillità.
Dobbiamo usare parole di verità: criminalità e camorra sono un cancro, che condizionano e impediscono uno sviluppo sano, democratico e collettivo della nostra terra.
Nella nostra città la criminalità e la camorra chiedono il pizzo, organizzano lo spaccio della droga, gestiscono il gioco illegale d’azzardo, inquinano le elezioni, condizionano trasversalmente pezzi molto ampi delle fasce più deboli e dei colletti bianchi della nostra comunità.
In molti modi: con la paura, con la corruzione, con la complicità interessata ed il silenzio di comodo.
Per questo, oltre a scrivere qua sopra, dovremmo reagire, e farlo sul serio.
Pretendendo atti concreti: un maggiore controllo del territorio, il ripristino dello sportello anti-racket, l’istituzione di un osservatorio cittadino sulla legalità, lotta serrata alla dispersione scolastica, politiche sociali non assistenziali, presidi di socialità e cultura sani, la ri-occupazione degli spazi pubblici da parte di esperienze virtuose, il pugno duro contro le miriadi di zone d’ombra che nella nostra città vivono alla luce nel sole .
Ma soprattutto affrontando la questione senza ipocrisia, senza paternalismi, senza opportunismi: Scafati è una città bellissima, ma è anche una terra di camorra.
Chiamare le cose con il loro nome, è il primo passo per sconfiggerle.
MICHELE GRIMALDI (CONSIGLIERE COMUNALE IpS)