È domenica mattina e le strade del centro cittadino sono irrorate di gente che passeggia, che controlla i bimbi che giocano a rincorrersi e urlano reciproci richiami che riecheggiano nell’aria.
I tavoli dei bar sono animati da persone desiderose di incontrarsi, e avanzando m’incanto ad osservare un gruppo in particolare che ha attirato la mia curiosità per il fatto di essere composto da alcuni giovani intenti a distribuire golose stuzzicherie a due anziani signori.
La coppia ha gli occhi mobili di chi sta per cadere nel piacere assoluto del palato, fino a quando uno abbassa la mascherina sul mento e inizia a gustare una di quelle prelibatezze: ha lo sguardo e le labbra cadenti, tipiche dell’età dei ricordi, ma nelle orbite le piccole palline scorrono maliziose, indugiando sul prossimo dolce salato che si sbrodolerà nella bocca desiderosa; l’altro tentenna davanti alla guantiera imbandita e continua a tergiversare sempre più felice e incredulo: “Che delizia!” sembra ripetere tra le pieghe schiuse sotto il naso.
È un giorno festivo come tanti, pare, ma non lo è: c’è il virus che cerca corpi da invadere, sono mesi che le autorità esortano a stare attenti e accanto alle indicazioni iniziali si sono succeduti i divieti e anche le colpevolizzazioni che miravano a correggere la negligenza di cittadini indifferenti.
Eppure stamattina l’esigenza di convivialità, nel rispetto delle norme per salvaguardarsi dal contagio, predomina e si fa fatica a “condannare”.
I vecchi, mi piace chiamarli così, perché riconosco nella parola dura la solidità del passato che sostengono, soffrono l’isolamento quando costretti a rinchiudersi nelle proprie case per proteggersi, e quando sono separati dal mondo perché malati. Ieri, ho carpito la confidenza di una vecchia signora che attraverso la mascherina confessava ad una coetanea l’esigenza di sentirsi libera di uscire, e cito le sue parole: “lui (riferendosi a chi in questo momento ventila l’ipotesi di vietare le uscite ai più e a maggior ragione a chi ha un’età elevata) non lo sa quanto mi serve questa piccola passeggiata”.
I contagi, ci dicono essere in aumento come i decessi, e secondo quanto riferito dal gerontologo Roberto Bernabei in una recente intervista, il 90% di questi ultimi riguarda gli anziani che a causa dell’età sono spesso portatori di almeno altre tre patologie che contribuiscono ad inserirli nelle cosiddette categorie fragili.
Cosa fare per cautelarli e difendere tutta la popolazione?
Impedire che socializzino è la vera soluzione? Non saprei e estenderei l’interrogativo a tutta la popolazione, consapevole di attirare le critiche di chi ritiene che l’unica soluzione davvero efficace in queste ore sia l’evitare di uscire.
I morti ci sono stati e anche nella mia famiglia, ma continuo a chiedermi se le possibili soluzioni adottate siano le uniche possibili.
I continui divieti imposti, soggetti a continue rettifiche e aggiustamenti; le informazioni terrorizzanti che si sono alternate sin dalla prima ondata epidemica, affiancate da altre in netta contrapposizione, il continuo screditarsi vicendevole degli esperti, credo abbiano ampiamente contribuito a rendere alcuni sempre più ligi nell’uniformarsi ai divieti previsti, altri sempre più scettici riguardo alle scelte proposte, e buona parte dei confusi a ritagliarsi momenti, sempre più frequenti, di uscite all’aria aperta cercando di uniformarsi alle indicazioni fornite dagli organi competenti.
Le persone cercano le risposte alle domande che giustamente affiorano in una situazione come quella attuale, sono spaventate e intimorite da un virus che miete vittime certamente, ma ogni tentativo di fare chiarezza in qualsivoglia dibattito pubblico, sovente si traduce in uno scontro verbale tra chi è convinto che la soluzione sia solo una e chi, considerato subito un negazionista, diventa bersaglio di critiche anche feroci che non facilitano il confronto e confondono il dialogo.
La popolazione è composta da individui sociali e non da robot, e ha una sua psicologia che merita di essere considerata al fine di rendere concretizzabili gli interventi necessari per preservare la salute della collettività.