Istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999, il 25 novembre è la giornata in cui ci si impegna a dare voce al tema della violenza sulle donne.
Un proliferare di iniziative e spazi appositi vengono creati, nel 2020 rigorosamente in remoto, causa COVID 19,
per avviare discussioni, scambi, riflessioni, ricerche e studi a livello internazionale.
In Italia, il femminicidio è un tema da anni tristemente agli onori della cronaca.
Si conferma il dato allarmante di violenze, aggressioni e omicidi consumati molto spesso all’interno delle mura domestiche.
I delitti perpetrati crudelmente nei confronti delle donne continuano incessantemente in ogni parte della penisola.
Il profilo dell’assassino ritrae spesso le sembianza del marito che è stato lasciato o a cui è stata annunciata la separazione imminente. Colpiscono a morte gli ex – coniugi, conviventi, fidanzati – che non si rassegnano ad una condizione, imposta, di solitudine e amarezza e decidono di ‘punire’ quella che ai loro occhi appare l’artefice di una profonda sofferenza.
E sprofondano nel baratro della tragedia, del punto di non ritorno.
Non c’è distinzione di età o latitudine. In Italia, una donna su tre, tra i 15 e i 70 anni ha subito aggressioni o violenze almeno una volta nell’arco della sua vita.
Il nodo sta nel silenzio a cui queste donne sono spesso costrette, nella paura, nel dolore che resta intimo.
Le più impavide denunciano, ma spesso non riescono a comunicare a fondo la possibile crudeltà che possa celarsi dietro messaggi lanciati, con arguzia, in modo quasi impercettibile.
È un gap, un vulnus, una condizione di debolezza che assume la forma di uno strumento di morte per l’assassino, una volta amato,
che impugna l’arma per infierire, trafiggere, imprimere il colpo ferale.
Su cosa è indispensabile puntare l’attenzione?
Secondo Elena Bonetti, ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia, occorre costruire “una comunità qualificata, affidabile”
che sostenga le donne in difficoltà. Perché queste donne devono sapere di non essere sole, ma che
“ci sarà una mano pronta ad accoglierle, una comunità che può dare loro una prospettiva”.
Il lavoro, innanzitutto, è la risposta. L’indipendenza economica, la forza di farcela anche da sole.
Per questo, le Pari Opportunità lanciano anche quest’anno la campagna ‘Libera puoi’,. “Le donne – sottolinea Bonetti – “devono poter trovare non solo un aiuto e qualcuno che accoglie il loro grido, ma anche una possibilità di essere riconosciute come persone abilitate a una libertà personale”.
Si apre, a poco a poco, uno spiraglio per le donne in difficoltà: da una parte, maggiore forza alla rete delle case rifugio e dei centri antiviolenza, dall’atra l’energia per il cambiamento del paradigma culturale che ancora attanaglia la società.
Oggi, la donna può e deve essere forte, autonoma, tenace.
MARIA ROSARIA VITIELLO