Diego Armando Maradona è morto all’età di 60 anni. Lo riporta Clarin, uno dei più importanti quotidiani argentini. L’ex Napoli si era sottoposto da poco ad un delicato intervento.
L’ex campione argentino avrebbe avuto una crisi respiratoria nella sua abitazione ed è deceduto poco più tardi, nonostante i soccorsi portati con tre ambulanze.
È resuscitato più volte nella sua vita spericolata. Stavolta non ce l’ha fatta e il mondo piange il più grande di tutti con un pallone fra i piedi, ma anche con qualsiasi oggetto sferico.
IL RICORDO DI ARTURO MINERVINI SU TUTTONAPOLI
Eh no Diego. Non si fa così. Non dovevi. Non potevi. Mica eravamo pronti. Magari non lo saremmo mai stati, perchè come si fa a dire addio? Come lo prepari il cuore? Dove le trovi le parole?
Lo sai come fa il cuore. Di più, di più. A me, a me. E forse questa nostra voglia di possederti, un pezzettino a testa. Dentro un ricordo, quello di un bambino di sette anni che scruta dal basso le facce travolte dalla gioia. E allora sono stato un pochino egoista anch’io, ma non è colpa mia.
Io quel giorno ho visto mio padre felice. Come l’avevo visto poche volte. Ed era grazie a te, avevi fatto tutto tu. Senza che io te lo chiedessi, senza pretendere nulla in cambio. E provavo a farmi strada, nella festa, dove non c’era musica. C’era solo un nome: il tuo.
Diego. Sempre Diego. Ovunque Diego. Al punto che, se ci penso bene, quell’urlo non se n’era mai andato per davvero. Si era nascosto in qualche strada, appicciato a qualche cartellone consumato dal tempo.
Tu ci facevi compagnia. Non lo sapevi, ma ci facevi compagnia. Eri l’amico invisibile, incastrato dentro qualche videocassetta ora impolverata. Un cimelio, un trofeo, da inserire lentamente in quella macchina del tempo.
Tu ci facevi sorridere. Quando sentivamo qualche sciocco paragonarti ad altri. Noi ridevamo di gusto, proveremo a farli ragionare, ma quelli niente. E allora li lasciavano nella loro stolta convinzione. Non ne valeva la pena. Ci sono battaglie che non serve nemmeno combatterle per vincere.
Tu ci facevi sognare. Su quelle scale di un angusto condominio di Lanus, a palleggiare. Dal piano terra fino all’altro, l’ascesa di un miracolo nato già miracolo. Tu ci davi forza. Perchè ci hai fatto urlare al cielo: “Ho vinto!”. “Sono il più forte di tutti”.
Tu. Maradona. Un concetto già definito. Non servono spiegazioni. Bastava uno sguardo. Ecco cos’eri. Quella patina di tristezza e malinconia degli anziani seduti ad un bar.
Io l’ho visto Maradona è la frase che un napoletano pronuncia con più orgoglio. Io c’ero. E ve lo racconto. Voglio raccontarvelo. Oggi, domani, sempre. E come si chiama questa? Eternità? Forse sì. Forse l’avevi già raggiunta. Forse l’avevi fregata prima di incontrarla la morte.
Forse non dovrei piangere. Forse non dovrei tremare. Eh che, Diego, noi non eravamo preparati. Eh che mica ci hanno dato un manuale d’istruzioni: come fare a parlare di calcio quando muore un Dio. Il D10S. Lo sai come fa il cuore. A me, a me. Ancora per un pochino. Ancora, per sempre. Vorrei poterti lasciarti andare via. Vorrei, ma non posso. E allora sarai sempre presente. E mai passato.
IL RICORDO DI LUCIANO MOGGI
L’ex dg Luciano Moggi ha ricordato così Diego Armando Maradona ai microfoni di TMW nel giorno della sua morte: “Chi non conosceva l’uomo Diego non può giudicarlo – ha esordito -. Nessuno fuori da chi lo ha vissuto conosceva l’uomo, era di una disponibilità eccezionale. Aveva qualche problema che tutti conoscono ma dava tutto per gli altri. Con lui ho avuto discussioni, di tutto e di più. Ma gli volevo bene. Non conduceva una vita giusta per un atleta e spesso discutevamo. Era idolatrato dai compagni, chi lo conosceva sapeva chi era dentro. Diego era una brava persona, che aveva altri problemi che lo hanno portato in queste condizioni. Mi dispiace tantissimo. Al di là di ciò che lo aveva condotto a fare una vita sregolata era un uomo vero. Dentro di se aveva la voglia di fare tutto il possibile per lui e per il Napoli. E quella della sua morte è una notizia dolorosissima. Ho sempre cercato di stargli vicino. Ho finito di parlare poco fa – rivela l’ex dirigente di Napoli e Juventus – con il fratello Hugo, non siamo riusciti a dire mezza parola. Chi non lo conosceva dice che è morto un fuoriclasse. Chi lo conosce prova grande dolore”.