A freddo, la gara tra Inter e Napoli ha reso evidenti alcune cose che non possono restare sotto traccia. Gattuso ha vinto nettamente il confronto diretto con Conte, con il tecnico dell’Inter a confermare di essere molto più abile nel cercare scuse piuttosto che leggere in corsa le partite. Dopo il vantaggio e la superiorità numerica, invece di piazzare il colpo del ko, ha preferito cambiare Lautaro con Achraf Hakimi chiudendosi a riccio davanti alla porta come la più classica delle provinciali. Non è un caso che in 10 il Napoli abbia più volte reso evidente come il risultato più giusto fosse il pareggio.
Il Napoli attualmente non può prescindere da Zielinski e Lozano (piu di Politano), per intelligenza tattica e strappi in grado di cambiare le partite. I numeri non rivelano tutto, ma dicono tanto. 59-41 il possesso palla, e 12 a 4 il raffronto tra i tiri complessivi. Se il rapporto tra occasioni create e reti realizzate continua ad essere così basso, è evidente che ci sia un problema. Con il “9” più devastante fuori causa, non si può pretendere troppo da chi in carriera ha sempre fatto tanto lavoro sporco e pochi gol. Cosa peraltro essenziale per un centravanti, a dirla tutta. Con Milik giustamente fuori rosa, è proprio necessario privarsi dell’esperienza di Llorente, in attesa di fare ulteriori valutazioni?
Il caso Insigne. Sono assolutamente d’accordo che l’autorità dell’arbitro vada rispettata sul terreno di gioco, ed è perciò sacrosanto estrarre il cartellino rosso quando si oltrepassa il limite. Qualora (e il condizione è d’obbligo) il capitano si fosse realmente macchiato dell’espressione irriguardosa fatta trapelare dai media, andare anzitempo sotto la doccia sarebbe stato più che giusto. La questione è un’altra. In questo caso (come ad esempio in situazioni di fuorigioco) non dovrebbe esserci spazio all’interpretazione e non è accettabile che un calciatore resti o lasci il campo in base al diverso grado di permalosità del direttore di gara. Le regole, se esistono, vanno fatte rispettare senza se e senza ma. Non si possono asoltare e leggere inni al garantismo quando si tratta di certe squadre, o addirittura tolleranza di millimetri o centimetri in caso di reti al limite. Non si può condannare Insigne (ormai capro espiatorio anche dei cambi climatici) e poi assolvere altri perchè tanto l’insulto all’arbitro fa parte del calcio. Non possono esserci figli e figliastri. A maggior ragione quando c’è chi va testa a testa con l’arbitro e resta in campo con addirittura i vertici dell’AIA a scendere in campo per trovare un senso a ciò che invece un senso non l’aveva.
GIOVANNI MINIERI