Capita spesso che le festività portino il cattivo umore, i disagi e le difficoltà di trovare il corretto equilibrio tra orari, abitudini, tradizioni, spazi e luoghi scelti o per i quali adeguarsi.
Le famiglie si ritrovano anno dopo anno con stili di vita differenti. con ragazzi che crescono e si adattano ai cambiamenti carichi di sempre maggiori difficoltà, lontani dagli amici e dalle loro cose, con i nonni le cui problematiche rendono gli spostamenti e i lunghi incontri sì piacevoli ma stancanti e forieri di eventuali scompensi.
In mezzo ci sono i 45/60enni, nel loro duplice quanto complesso ruolo di genitori/figli. Una condizione che li vede doppiamente sul banco degli imputati, quando si ritrovano a dover affrontare scene familiari simili a processi su presunti comportamenti inadeguati, attenzioni mancate, dimenticanze e, se tutto non è perfetto e, se qualcuno non si sente pienamente soddisfatto, sa a chi attribuire la colpa.
Tutto questo può accadere a Natale. Almeno, fino al 2020.
Quest’anno non è come gli altri.
Nulla ci restituisce il buon umore e il cattivo umore dei Natali trascorsi.
Le restrizioni anti Covid imposte dai DCPM per il contenimento del contagio hanno prospettato una festa non festa, senza incontri, senza tavolate, senza brindisi, senza abbracci. senza stare insieme per dirsi de visu ‘ti voglio bene’. Ora sì che c’è da essere tristi.
Si affronta una nuova condizione sociale, familiare, di scambio, per andare verso il futuro con la speranza che tutto questo disagio si avvii a una possibile risoluzione. Per poter riassaporare il piacere dell’abbraccio, del momento goliardico di condivisione, del brindisi con le persone care, per riscoprire i piccoli piaceri della vita e le tradizioni del Natale in famiglia.
Quanto aveva ragione William Shakespeare, nello scrivere:
“Non si apprezza il valore di quel che abbiamo mentre ne godiamo, ma appena lo perdiamo e ci manca, lo sopravvalutiamo, e gli troviamo il pregio che il possesso rendeva invisibile, fino a che era nostro”.
MARIA ROSARIA VITIELLO