“La voragine apertasi nell’Ospedale del Mare di Napoli evidenzia un ulteriore elemento di criticità nella scelta di realizzare in quell’area un complesso sanitario che peraltro ha comportato la chiusura di altri ospedali più vicini alle aree residenziali” dichiara la presidente di Legambiente IRIDE, Architetto Anna Savarese a commento dello spaventoso crollo di ieri. E aggiunge “Pensare che il Cardarelli costruito circa 100 anni fa pur in un territorio con un sottosuolo tufaceo ricco di cavità ha resistito a terremoti e nubifragi fa riflettere sulla qualità dell’intervento dell’Ospedale del Mare, progettato meno di venti anni fa e solo recentemente completato.”
La verità è che probabilmente quell’ospedale lì non andava proprio costruito. La voragine apertasi nell’Ospedale del Mare in qualche modo era prevedibile. Effetto inevitabile di un disattenzione alla struttura geologica del territorio. Non tanto per la causa scatenante l’evento quanto per una necessaria attenzione al territorio, a una sua lettura competente dal punto di visto geologico. Il cedimento infatti sarebbe dovuto a delle cavità createsi nel terreno a causa di una gestione non sapiente del rapporto tra conoscenza del territorio, andamento delle acque meteoriche, ai rischi geologici e all’azione di impermeabilizzazione. Va ricordato che questa è una zona fortemente sottoposta al rischio vulcanico.
Con taglio più scientifico il geologo Fabio Todisco, dello stesso circolo di Legambiente sottolinea che “L’area, oltre che a rischio vulcanico è anche soggetta a rischi geologici connessi alla natura incoerente del sottosuolo, costituito essenzialmente dal materiale sabbioso delle paludi orientali frammisto a materiale piroclastico depositatosi a seguito delle varie eruzioni del Vesuvio. Una tale scelta avrebbe dovuto comportare giocoforza un’attenzione massima nella progettazione e nella realizzazione dell’intervento supportata da una circostanziata preventiva analisi geologica.
L’ipoteso di Todisco sull’accaduto è piuttosto chiara “L’impermeabilizzazione del suolo praticata anche nelle aree libere dal costruito, quali sono i parcheggi, probabilmente non ha consentito un assorbimento diffuso delle acque meteoriche che si sono
incanalate in aree interstiziali aprendosi percorsi e creando spostamenti del materiale incoerente. Questo processo può aver prodotto vere e proprie cavità come quella che vediamo oggi, sulla quale è franato lo strato soprastante.
Oggi – conclude Todisco- occorre fare quello che forse non si è fatto o non si è fatto bene prima, cioè verificare la situazione geologica di tutta l’area di sedime del complesso, con attenzione soprattutto agli spazi costruiti le cui fondazioni hanno necessariamente comportato una modifica dell’assetto del sottosuolo con la formazione potenziale di cavità all’interno delle quali l’acqua può aprirsi varchi che via via si allargano, se non opportunamente drenati e convogliati.
Un incidente grave che rimette all’ordine del giorno il problema ambientale, la gestione sapiente del territorio campano e, come afferma la presidente Anna Savarese la necessità di agire per controllare tutte le situazioni simili a quella dell’ospedale del Mare, oltre che definire azioni per il ripristino della permeabilità dei suoli e non da ultimo il potenziamento della forestazione .