Che l’arte e la politica vadano a braccetto è un dato storico. Musei, collezioni, opere sono sempre state appannaggio di politici, ecclesiasti, strutture di potere. In un’Italia in cui ogni angolo è storia si comprende come questo elemento sia complesso. In Campania questo aspetto ha da sempre un cuore nevralgico in Pompei. Luogo dove i re Borbone riuscivano a dare un’immagine di sé al mondo, dove invitavano a visite speciali con la ricostuzione ad hoc di scenari di scoperte. Oggi luogo dove l’Italia dei ministri lancia bilanci e moniti verso l’Europa. Pompei è diventato luogo della visibilità.
Uno scrigno che rivela costantemente bellezze che ora vengono condivise, spettacolarizzate grazie all’apertura mediatica di questi anni. Si è passati da un mondo archeologico i cui dettagli erano appannagio solo per pochi, a un mondo archeologico di cui si danno letture condivise e univoche.
La scelta di rendere planetaria la conoscenza della sua bellezza ha implicato che il suo interpete, il noto ed esperto professore e direttore Osanna, sia diventato il volto del suo racconto. In questo senso sono infinite le polemiche che lo accompagnano, ovviamente. Dal contemplare troppi ruoli al determinare con decisione univoca strade e percorsi. Con l’ultimo documentario sullo scavo del termopolio di Pompei, poi, si è scatenato un ulteriore divisione tra posizioni. La polemica sul sensazionalismo dato a una scoperta già nota, allo strano movimento di accordi giornalistici con coinvolgimenti francesi, al suono della bellezza usato come dimensione di visibilità. All’aver identificato a un nuovo personaggio anche televisivo nel racconto dell’archeologia pompeiana. Secondo questa lettura, ritenuta fastiodosa o ritenuta un pregio, il punto è che la cultura prende l’identità di una singola persona. Un fenomeno nuovo forse, auspicato già dal precedente direttore generale dei Musei che più volte incitava i direttori a fare del loro il volto del luogo che dirigevano.
Il direttore Osanna, appena rieletto dal ministro che sembrava a lui più ostile oggi viene promosso alla direzione generale dei musei. E a Pompei? La notizia di un cambiamento coinvolge e incuriosisce in tanti. In queste ultime ore sono stati resi pubblici i dati sui dieci selezionati per il colloquio che porterà a tre il ventaglio di nomi da cui emergerà il futuro direttore del Parco Archeologico di Pompei.
I DIECI NOMI E LA COMMISSIONE
La commissione che ha fatto la selezione è presieduta da Marta Cartabia, Presidente emerita della Corte costituzionale e professoressa ordinaria di diritto costituzionale alla Bocconi, e ne fanno parte: Luigi Curatoli, Generale dell’Arma dei carabinieri, già direttore del Grande Progetto Pompei; Carlo Rescigno, Accademico dei Lincei, professore ordinario di archeologia classica nella Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”; Andreina Ricci, già professoressa ordinaria di metodologia e tecnica della ricerca archeologica nell’Università di Roma “Tor Vergata”; Catherine Virlouvet, professoressa emerita nell’Università d’Aix-Marseille, già direttrice della École française di Roma.
La commissione ha selezionato i 10 candidati ritenuti più idonei tra le 44 candidature ricevute e a febbraio, il 10 e 11 ci sarà il colloquio come è segnalato nel documento del ministero. Le scelte non si sa su che criterio verranno indirizzate. Ovviamente tutti i 10 potrebbero essere idonei per il ruolo di guida. Molti nomi sono già attivi sul territorio campano, di alcuni girano voci da mesi (alcune testate hanno dato per scontato questo nome) come il direttore Gabriel Zuchtriegel che da cinque anni è alla guida del Parco Archeologico di Paestum e ora anche di Velia, ruolo a cui è arrivato dopo aver fatto parte della Segreteria Tecnica di Pompei.
C’è Francesco Sirano, direttore oggi del Parco Archeologico di Ercolano, forse la persona che più si è data da fare a creare una nuova immagine a Ercolano, da sempre un po’ la ‘cenerentola’ rispetto a Pompei. Anche lui ha lavorato nel Gran Progetto Pompei, prima del nuovo incarico.
O ancora Pierfrancesco Talamo – già direttore del museo archeologico nel Castello di Baia – Renata Picone – architetto e professore ordinario di restauro presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II – che è referente scientifico per il Dipartimento di Architettura dell’Accordo quadro quinquennale (deliberato dall’Ateneo federiciano nel 2015) tra l’Università degli Studi di Napoli Federico II e la Soprintendenza Speciale per Pompei Ercolano e Stabia (oggi Parco Archeologico di Pompei) per lo svolgimento di attività di ricerca e didattica finalizzata alla valorizzazione, fruizione e divulgazione del sito di Pompei.