Viene ufficialmente inaugurata il 4 febbraio una nuova realtà d’arte a Napoli. Con coraggio e determinazione l’artista e curatrice Cristina Ferraiuolo apre la nuova galleria Spot home gallery. Obiettivo realizzare un sogno antico, diffondere e promuovere la fotografia contemporanea e le sue contaminazioni con altri linguaggi espressivi attraverso mostre, proiezioni, incontri e workshops.
Al numero 66 di via Toledo c’è un appartamento che è stato trasformato in casa dell’arte fotografica, in galleria, ma anche in luogo di confronto in nome del variopinto mondo dello scatto di immagini. O della loro pontenzialità. Un ambiente famliare, una casa, con possibilità, visto uno spazio privato vivibile, per gli artisti di creare dei soggiorni-residenza per lavorare in libertà a Napoli. Apre sull’onda emozionale di un sogno, con il nome di Spot – home gallery, lo stesso che era stato del negozio di fotografia del padre di Cristina Ferraiuolo Spot 2, che per 35 anni è stato il fulcro della sua famiglia e si trovava proprio difonte al n.66. L’appartamento diventato galleria è proprio il luogo in cui Cristina Ferraiuolo ha costruito la sua prima camera oscura e stampato le prime fotografie, accolto amici artisti che venivano da lontano per scoprire Napoli, alcuni dei quali sono ora accanto a lei nella mostra inaugurale.
Per l’inaugurazione, che visto il periodo Covid, viene allungata fino al 7 febbraio, (con una prenotazione obbligatoria su www.spothomegallery.com ) è stata proposta la mostra collettiva ANDAMENTO LENTO. Con otto artisti che espongono immagini mai viste a Napoli, anche se di Napoli parlano. E il titolo stesso della mostra rimanda al titolo della nota canzone partenopea.
Gli approcci sono diversi, arricchiscono tutti. Non si esce dalla galleria nella stessa condizione emotiva in cui si è entrati: visitare la mostra è un momento di scoperta dell’arte e un po’ anche di se stessi. Ogni fotografia può suscitare ed evocare rimandi, per la capacità di essere un racconto intimo e anche collettivo.
Sono presenti scatti del fotografo Michael Ackerman americano nato a Tel Aviv, che nel suo gioco di chiaroscuri racconta sguardi di Napoli visitata più volte dal 2000.
Lo svedese Martin Bogren tra le tappe del suo progetto Italia ritorna più volte a Napoli, restituendone immagini oniriche e senza tempo, che esprimono il senso del fotografare ” Ha qualcosa- scrive l’artista- a che vedere con la condivisione, con l’avvicinarsi alle persone, Per vedere quel che accede dentro riflesso del mondo di fuori, nelle persone che incontro”.
Il napoletano Luca Anzani riflette, con la serie Amartema, sulla potenza artistica dell’errore. Come racconta in questo video.
Il newyorkese Adam Grossman Cohen, in immagini femmili, in pose di fotogrammi di filmati Super 8 girati a Napoli, conduce in un viaggio limite tra fotografia e film, tra passato e presente. Per il norvegese Morten Andersen Napoli diventa una delle sue Untitled.Cities, progetto ispirato alla fantascienza, nel quale egli, trasfigurando la realtà, crea nuove metropoli di fantasia.
Il francese Richard Pak diverte, dando uno sguardo ironico, quanto realistico e nello stesso tempo poetico sull’amore con la sue serie Les Fiancés (I Promessi Sposi): sequenza di auto parcheggiate sui marciapiedi e tutte coperte da giornali, come erano solito fare gli amanti di via Alessandro Manzoni a Napoli, per non farsi scorgere in quel momento profondo e intimo.
L’unica donna che espone in questa prima mostra è proprio Cristina Ferraiuolo, che propone
Stone butterfly un lungo lavoro di ricerca personale sul mondo femminile delle strade di Napoli. In cui potersi perdere colpiti da sguardi, atteggiamenti. Oppure ritrovarsi a portare avanti riflessioni antropologiche, umane e di condivisione. Immagini che, come si percepisce da ogni scatto, nascono dallo scambio di un dialogo personale quanto sentito.
Un discorso a parte, invece, la proposta di Lorenzo Castore, fotografo fiorentino. Presenta l’installazione audiovisiva Sogno 5#, progetto realizzato insieme ad Irene Alison, un racconto di amore e di scoperta, di ricerca e di memoria di un luogo dimenticato di Napoli, l’Ospedale Psichiatrico Leonardo Bianchi, a oltre trent’anni dalla sua chiusura ufficiale. Protagonista il luogo ma anche persone che questo luogo hanno abitato, che hanno partecipato a un laboratorio teatrale proprio in questo luogo abbandonato. Dal laboratorio, dai suoni , dagli scatti legati al laboratorio è stato montata poi l’installazione audiovisiva. Un percorso che regala un viaggio in un percorso storico, del passato ma anche fuori da un contesto preciso, diventa viaggio in una dimensione eterna, individuale ma collettiva e anche universale. In ogni immagine chi osserva può scoprire un proprio senso tra stroria e sensazione, tra passato e condivisione. Così lo racconta lo stesso Castore nel video.