Non era una cosa studiata, nessuna casalinata. L’applauso spontaneo, sincero e commesso di chi lavora a Palazzo Chigi è stato un bel titolo di coda all’era Conte Premier. L’avvocato del popolo ha lasciato il segno. Non era avvezzo alla politica, doveva fare il ministro tecnico ed invece fu tirato in ballo da Di Maio e Salvini per fare il premier di un governo che già nasceva litigioso. Il tempo di ambientarsi ed ecco Conte padrone del ruolo, in primis all’estero, ridando prestigio col suo modo di fare, attento, pacato ma mirato. Quando Salvini tira troppo la corda, lui ha il coraggio di “schiaffeggiarlo” in Parlamento, di dimettersi per poi incassare una nuova fiducia con una nuova alleanza di governo. La Pandemia ha fatto il resto, parecchio. Si è trovato nel bel mezzo di una crisi senza precedenti. Ha fatto tanto, ha rassicurato gli italiani con le dirette, ha cercato di trarre il massimo dall’Europa, ha certamente esagerato coi dpcm ma è rimasto sempre sul pezzo, risultando fondamentale nel fronteggiare la prima fase della pandemia. In definitiva, solo l’ultimo atto è parso sbiadito. Visti i numeri al Senato, da maggioranza semplice, non doveva cedere alla personale voglia di restare a Palazzo Chigi col Conte ter mettendosi a caccia di improbabili costruttori. Conte è spuntato dal nulla ma siamo certi che non ritornerà nel nulla, tra meriti ed errori (ad esempio gli stati generali oppure i conflitti evitabili con Colao) ha segnato una svolta. Magari s’inserirà nella corsa per il Quirinale, Draghi permettendo.
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