Il Parco Archeologico di Ercolano compie un nuovo passo. Presenta se stesso in una nuova veste, con un nuovo logo e rilancia il suo percorso futuro. Diventato museo autonomo dal 2016 si propone oggi con una nuova immagine che lo emancipa definitivamente dalla zona d’ombra a cui lo aveva relegato la vicina e più nota Pompei. La presentazione ufficiale delle novità, in pieno tempo di coronavirus, è stata preparata da tempo, chiamata “Il mito con il futuro intorno” è legata all’idea positiva, come annuncia il direttore del Parco Francesco Sirano, che proprio partendo dalla crisi, dal superamento delle difficoltà, si possa costruire il futuro.
Ercolano propone un nuovo logo. Si tratta del nodo di Ercole, lo stesso con cui l’eroe si allacciava al collo la pelle del leone di Nemea. Un’immagine che rimanda a diversi sensi a cui il nodo allude, a diverse usanze, ma che qui acquista un valore preciso: il nodo come collegamento, legame, intreccio tra la città antica e la città moderna, tra la comunità e il sito archeologico. In nome di Ercole. Il nodo usato in navigazione, ad esempio, come sottolinea Sirano, è emblematico anche per una Ercolano legata al mare oggi come nel primo secolo: basti pensare che si conserva anche la linea di spiaggia dell’antica città, dimensione unica al mondo.
Il nodo rappresenta, insomma, un modo iconografico per dire sinergia, per raccontare intrecci tra realtà, dialoghi, integrazioni. Un modo per riportare il sito che per tanti anni aveva interrotto il dialogo con la sua cittadinanza, in nome del ‘preservare ‘ e che ora vuole tornare ad essere parte del flusso attivo di una realtà. Dato, questo, che sottolinea l’architetto Jane Thompson, che da vent’anni lavora a Ercolano a nome della fondazione Packard, creata nel 2001 da David W. Packard, mecenate che ha aiutato a salvare dall’abbandono l’antica città. Una dimensione esemplare di questa collaborazione tra privato e pubblico che porterà ad altre realizzazioni e culminerà anche nella donazione di un progetto esecutivo per il restauro delle terme suburbane di Ercolano.
Una nuova veste grafica significa una nuova visione da realizzare. Ercolano come parte di un flusso. E inizia subito lanciando due esposizioni programmate sia per continuare il progetto di ricerca e conservazione, sia per aprire l’antica Ercolano alla contemporaneità. Una avrà come protagonista gli oggetti, i mobili in legno conservati intatti nello scrigno del tempo dal Vesuvio. Escono dai depositi e diventeranno visitabili non nel sito di Ercolano ma nella Reggia di Portici, in memoria di quell’herculanense museum borbonico dove erano insieme le collezioni di bellezza ritrovate appunto con i primi scavi. Una mostra sull’ebanistica e sul legno che riporta a condividere oggetti della quotidianità del primo secolo. Ad esempio, come sottolinea Sirano, sarà presente la famosa culla, con tanto di dondolo, trovata nella casa di M. Pilius Primigenius Granianus e incredibilmente simile ad alcune di oggi. Un oggetto che fa comprendere quanto parlare del passato possa essere interessante per parlare dell’oggi. Connessioni nel tempo e anche nello spazio. E’ previsto infatti un biglietto cumulativo per vedere il sito e la mostra nella Reggia di Portici: si immaginano anche collegamenti più frequenti tra le due strutture, che comunque non sono fisicamente lontane.
L’altra mostra invece riguarderà invece il cibo. Quello antico, rimasto intatto nel tempo nelle viscere dell’antica Ercolano. E da lì i dettagli di questa dimensione conviviale, da come lo mangiavano, alle ricette. Scopriremo quanto di quella visione e sapori è rimasta nel tempo o possa arricchire di storia il vissuto presente.
Due dimensioni attorno a cui verrano sviluppati diversi eventi collaterali, arricchimenti, incontri, dimensioni anche da remoto, a prescindere dalla condizione covid. Ormai i musei hanno acquisito, più velocemente grazie alla pandemia, le potenzialità infinite del medium virtuale, di cui non si farà più a meno. E questo anche quando si tornerà a condividere dimensioni di persona.
Questi due eventi catalizzatori non distoglieranno dalle attività di ricerca del sito che prevedono restauri di sei domus che verranno condivisi anche con il pubblico in apposite aperture. Imminente anche l’inzio dello scavo dell’antica spiaggia della città. Un’ampliamento che darà ancor più dettagli sul sito e sulla sua ricchezza nel tessuto complessivo della città di oggi. Azioni concrete per rilanciare una visione precisa già messa in evidenza dal sovrintendente alle Antichità di Napoli e del Mezzogiorno Amedeo Maiuri, che ha portato a vista una porzione della città antica dal 1927 al 1958, “Ercolano va considerata come una città e non come una miniera di opere d’arte“. Un punto di vista pienamente condiviso da questo nuovo corso del Parco Archeologico.