«Ma mo, nfine arrivate, / a lu Trianon chiammate / pe’ misteriose vie / a recitare da nu munno a n’ato / sta Cantata / cu nu pubbrico assente in pandemia / senza siŝchi e senza sbattute ‘e mano / senza chi ce sente o ce vere / alla cecata, / cunzideranno chest’esibbizione / na partita a tressette cu lu muorto, / n’incontro ‘e boxe / senz’avversarie / addo chiavammo punie rint’a ll’aria / fino a mettere nderra / kappa-o l’avversario / cuntanno la vittoria».
A parlare è un Razzullo straordinario. In uno spettacolo in cui la Cantata dei Pastori diventa prestesto per raccontare il senso della vita nell’ultimo lavoro di Roberto De Simone Trianon Opera – tra pupi, sceneggiata e Belcanto. Uno spettacolo che è possibile gustarsi il 30 aprile ore 18 su Rai 5 , a conclusione della settimana dedicata all’artista campano. Un’opera creata per il Teatro Trianon di Napoli, che è in cartellone per dicembre prossimo, ma che vive questa ‘prima’ in una versione virtuale costruita per la televisione. E non solo per celebrare il Natale. Perché Razzullo, per chi non lo conoscesse è un personaggio della Cantata dei Pastori della ormai tradizione napoletana.
A presentare lo spettacolo un Roberto De Simone intensamente concentrato sul senso della sua operazione.
Il documento scritto – spiega De Simone- che fa da cardine esplorativo è costituito dall’opera Il vero Lume tra le ombre – più nota come La Cantata dei pastori – del drammaturgo gesuitico Andrea Perrucci, stampata nel 1698 e rappresentata in prima esecuzione in quello stesso anno.
Successivamente, per i pregi letterari di un’opera scritta in versi italiani e napoletani, formalizzati prosodicamente in ritmi di egloghe barocche con quinari, settenari ed
endecasillabi, rime baciate o assonanze, la rappresentazione fu ripetuta, nel periodo
natalizio, sia in teatri parrocchiali sia in teatri popolari, ad opera di attori amatoriali
affiancati da attori professionisti, subendo modifiche, aggiunte, trasformazioni circensi,
e ripubblicata anno per anno dalle diverse compagnie per tutto il Settecento, e poi
nell’Ottocento da altre edizioni napoletane, documentandone la vitalità religiosa e rituale
fino alla prima metà del Novecento, per poco più di duecentocinquanta anni”.
Un percorso di riflesione storica, la necessità di ribadire la centralità di certe tradizioni popolari e colte, un’idea di Teatro che debba provare a riproporre il suo valore di magia. In un percorso attento anche alla dimensione metateatrale, dove si disvela il gioco e le regole. Nello scenario del teatro Trianon di Napoli in primo piano i musicisti, la musica che occupano anche fisicamente il palco, dietro, in una sorta di teatrino nel teatro vivono gli attori, novelli pupi che alimentano sogni.
Un modo per creare una magia antica ma rinnovata, e nello stesso tempo guardare a dimensioni del passato con la voglia di lasciarne traccia.
“La parte musicale fa riferimento, fra l’altro, alla virtuosistica partecipazione dei celebri sopranisti evirati –aggiunge l’autore De Simone –che, nel Settecento, devozionalmente, nel periodo natalizio, nelle chiese e nei teatri parrocchiali si esibivano per un vasto pubblico, sia pur differenziato culturalmente”.
Ecco quindi una serie di arie di bravura, interpretate dal soprano Maria Grazia Schiavo, composte da Carmine Giordani (Giordano), Giovanni Battista Pergolesi, Domenico Cimarosa, Riccardo Broschi, Wolfgang Amadeus Mozart, Leonardo Vinci e anche Vincenzo Bellini, con un brano finale dello stesso De Simone, eseguite dai solisti dell’orchestra la Nuova Polifonia diretti da Alessandro De Simone.
Portato in scena con la regia di Davide Iodice, lo spettacolo è prodotto da fondazione Trianon Viviani, in collaborazione con Scabec e fondazione Campania dei Festival,