Vent’anni, non come i Maneskin e nemmeno come Massimo Ranieri. Solo dieci anni. Da Vescovo della diocesi Nocera-Sarno per Giuseppe Giudice, nominato il 24 marzo 2011 da papa Benedetto XVI, consacrato vescovo il 13 maggio 2011 dal cardinale Agostino Vallini.
10 anni sono tanti. D’altra parte il profetico Ivano Fossati scriveva e cantava: Un anno è la fotografia. Di te stesso che vai via. Figuriamoci 1o, fotografie a bizzeffe. E in 10 anni, Giudice ha dovuto fare i conti con un territorio vasto – da Roccapiemonte ad una porzione di Scafati, passando oltre provincia con Striano e Poggiomarino – e con una società che in scala locale ha presentato il conto di tutte le “tragedie”: la mancanza di lavoro, lo sfruttamento del lavoro, la criminalità organizzata o meno, la politica sorda e muta, la famiglia sfaldata, la chiesa spogliata del ruolo di agenzia educativa, la pandemia tanto per non farsi mancare nulla. 10 anni per un uomo venuto da non molto lontano geograficamente ma da lontanissimo – cioè dal Vallo di Diano – rispetto alle caratteristiche dell’area vasta Agro. Non sono mancati i momenti difficili e anche quelli di lunga attesa prima di esternare. Ha dovuto destreggiarsi tra malumori per i trasferimenti dei parroci, scelta peraltro giusta e condivisibile.
Lo stemma che scelse era tutto un programma. Nella sezione superiore, campo azzurro – il cielo – sono presenti alcuni segni della simbologia cristiana. C’è innanzitutto il sole, che rappresenta Cristo, Luce delle genti. Quel sole è anche un’ostia con l’iscrizione JHS: Jesus hominum Salvator – Gesù Salvatore degli uomini, Gesù Cristo unico Sole, Unico Salvatore. Il sole (colore bianco – luce taborica) è Cristo. Nel cielo c’è anche la luna (colore argento) che rappresenta la Chiesa, che è “mjsterium lunae”, che non brilla di luce propria, ma riflette l’unica luce, che proviene da Cristo. “Essendo Cristo la luce delle genti, la Chiesa che splende della Sua luce deve illuminare tutti gli uomini annunziando il Vangelo ad ogni creatura (cf Matteo 16,15 e Lumen Gentium, 68). Nel cielo c’è inoltre la stella ad otto punte (colore oro) , icona di Maria che “brilla innanzi al peregrinante popolo di Dio, quale segno di sicura speranza e di consolazione fino a quando non verrà il Signore (cf 2Pt 3, 10 e Lumen Gentium 68). La stella ad otto punte è, nel contempo, anche simbolo dell’ “ottavo giorno”, il giorno del Signore, Dies Domini, giorno escatologico, verso il quale la Chiesa è sempre pellegrina (Sacrosanctum Concilium, 106).La sezione inferiore, campo marrone – la terra – riporta lo stemma di Sala Consilina – tre torri con la scala – per ricordare le radici, il paese natale, quel pugno di terra che ognuno porta con sé. Nel cartiglio la citazione “Sicut Christus dilexit Ecclesiam”, tratta dalla Lettera di San Paolo agli Efesini 5,25 , vuole essere un programma: amare e costruire la Chiesa, così come ha fatto Cristo. Il tutto è sostenuto dalla croce astile sovrastata dal cappello prelatizio da cui pendono 12 fiocchi che ricorda la successione apostolica, nella quale ogni vescovo è immesso, in comunione con l’Apostolo Pietro (Christus Dominus, 2).
Il giudizio finale è lontano e ovviamente non spetta a noi. Illiano ebbe a disposizione 24 anni di ministero, Nuzzi 15, Zoppas 12. Ci sono dei dettagli e dei fatti che fanno capire la direzione di Giudice, quasi come un libro che nella maggioranza delle pagine non propende per il tentativo di mantenere la suspense e l’attenzione del lettore rivolta a ciò che potrebbe succedere e a chiedersi cosa ci nascondono i personaggi non di Villa Cleofe ma del clero nocerino. Lasciamo in sospeso giudizio e dubbi da cristiani-lettori: l’importante è che la stanza del Vescovo rimanga aperta alla vita e alla società circostante, come più o meno accade dal maggio 2011.