Il giorno dell’inaugurazione, il 4 novembre scorso, il fotografo Renato Attanasio avrebbe dovuto inaugurare al Pan la sua prima mostra fotografica con la presentazione di Maurizio de Giovanni. Tutto si fermò prima di cominciare proprio in quella data, il 4 novembre, a causa del Covid 19.
“Non riuscii a replicare quando mi fu data la comunicazione, rimasi senza parole. Tutto era rimandato a data da destinarsi. Solo e incredulo restai nella sala del Pan fino all’ora di chiusura avvertendo tutti che la mostra era stata bloccata”. Ma non si deve e non si può rinunciare ai propri sogni così, dopo 7 mesi di attesa, Renato Attanasio inaugurerà, mercoledì 16 giugno alle ore 17, la sua prima personale, “Vertebre di Lava – le scale di Napoli nei secoli” (nel rispetto della normativa anti-Covid) in collaborazione con l’Assessorato alla cultura e al turismo del Comune di Napoli.
Dai Gradini dei Monti alla Pedamentina di San Martino, dalla Salita Santa Maria Apparente alle Rampe Ottavio Morisani sino alla Discesa San Pietro ai due frati. Scale, pedamentine, gradoni alla scoperta dello scheletro di Napoli. La mostra (ad ingresso gratuito) è composta da 30 immagini a colori, parte di una ricerca molto più vasta, realizzate con le attuali tecniche digitali e stampate nel formato 50 cm x 70 cm che danno a vedere parte del vasto patrimonio di queste opere semplici, vertebre di un organismo complesso fatte per durare nel tempo e per collegare agevolmente parti di Napoli arroccate su promontori e colline.
“Ho percorso le scale di Napoli spinto dal desiderio di conoscere più a fondo una città a me ben nota, eppure sempre nuova. Ho scoperto luoghi preziosi, nascosti e dimenticati, e, in questo progetto, ho cercato di esaltarne l’atmosfera e di trasmettere la sorpresa che ho provato nel visitarli. Immutate nei secoli, le scale connettono tra loro le varie parti di una città in continua trasformazione, simili a vertebre scolpite nella pietra lavica. Ho scelto di riprodurle come fuori dal tempo, mostrando scenari che lo spettatore possa popolare con la propria immaginazione. L’oscurità isola la scena e permette allo sguardo dell’osservatore di convergere sulle scale. Ho utilizzato un’antica tecnica di illuminazione, la lampada lampo, tanto potente e leggera quanto difficile da maneggiare”, ha spiegato Renato Attanasio.
Presentazione di Maurizio de Giovanni
“Non che sia semplice, fotografare pezzi di questa città. Fate mente locale. Non c’è scorcio, panorama, angolo che non sia stato ampiamente visto, ritratto da ogni angolazione e in qualsiasi condizione di luce. Probabilmente questa è la città più fotografata del mondo. Il motivo sta nella policromia, forse. Tutti i colori dell’universo, ogni sfumatura viene proposta dalle singole stagioni, dal tempo atmosferico mutevole, dalle condizioni poste dalla bellezza. E anche le numerose infamie, i dolori, l’espressività dei linguaggi offrono la ricchezza di una polifonia senza uguali. C’è il mare, certo; e c’è la montagna incombente, l’azzurro del cielo e delle magliette dei bambini, il giallo del tufo, e il rosso dei tramonti; senza contare la gente, le merci, i mille mercati di un posto stretto e convesso, sedimentario e pieno di tradizioni che peraltro si frantumano in centinaia di pezzi cambiando e rinnovandosi costantemente. Per questi motivi l’originalità dell’occhio è un valore inestimabile. Trovare qualcuno che sappia proporre un modo nuovo, mai visto prima, di inquadrare e scattare pezzi della città è rarissimo, e va evidenziato e sostenuto con forza; tanto più se l’autore riesce a sfuggire dal lavorare a tesi per dimostrare il paradiso o l’inferno, come purtroppo fanno in tanti. In questa straordinaria mostra, Renato Attanasio propone le sue Vertebre di lava: e mai titolo fu più preciso e attinente, perché se la città ha una spina dorsale, se esiste uno scheletro che sostiene questo immenso disordinato organismo che cresce senza sosta, quelli sono proprio le scale.
Mille pedamentine, semicancellate dall’abitudine a spostarsi sempre e solo a motore, gradini sconnessi che vanno da monte a valle e viceversa, che raccontano la storia faticosa e affannata di generazioni, fatte per i carri e i cavalli e per piedi gentili, che si inerpicano fiancheggiate da bassi e finestre che vanno perdendo luce in nome di una comodità sintetica e senz’anima. Le vertebre che Attanasio si è andato a scovare raccontano incessantemente la nostra storia. E spiegano, senza dire una parola, che la città ha una sola identità frammentaria ma riconoscibile, perché le sue scale di notte cominciano a sussurrare in una lingua antica e perfettamente comprensibile in ogni parola. Ne ho volute cinque, sulla parete principale della mia casa. Per sognare, per sorridere, per evocare i ricordi dei miei avi. Per immaginare il rumore di tutti quei piedi pieni di speranza e disperazione, su e giù, secolo dopo secolo. Portarsi a casa un pezzo di storia, visto con un occhio accorato e partecipe. O anche il semplice caleidoscopio di scorci che sono pezzi inestinguibili della mia città moribonda e immortale.” Maurizio de Giovanni, ottobre 2020
Note sull’autore
Da sempre appassionato di arte, Renato Attanasio, nato nel 1960, ha iniziato a fotografare dall’età di 17 anni e non ha mai smesso. Nell’epoca della fotografia analogica sviluppava pellicole e stampava le sue immagini su carta con un ingranditore nel piccolo bagno di casa dove aveva allestito una camera oscura rudimentale. Grazie alla comune passione ha conosciuto Giuseppe Gaeta, fotografo di architettura e professore di Tecnica e Storia della Fotografia presso le Accademie di Bari e di Napoli fino al 2008. Legati da una lunga e profonda amicizia, Gaeta è sempre stato un suo punto di riferimento e fonte inesauribile di conoscenza in campo fotografico. Da studente in Economia presso l’Università Federico II di Napoli, dove poi si è laureato, ha lavorato come fotografo freelance nel campo di mostre d’arte ed eventi. Si è poi specializzato nella fotografia industriale e still life utilizzando fotocamere con ottiche fisse di medio formato oltre al banco ottico con pellicole piane di grande formato.
Apertura mostra:
Tutti i giorni tranne il martedì
ore 9,30 // 19,30 (ingresso libero).
Email: renatorawfile@gmail.com