Nel 1887 il giovane deputato Georges Clémenceau pronunciò questa celebre frase: “La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla ai militari”. Non si accontentò delle belle parole e, diventato presidente del Consiglio nel 1917, impose alle forze armate francesi le sue scelte in tema di strategia.
L’ interloquire tra scienziati e politici sta diventando indispensabile in un numero sempre più ampio di ambiti. Le cose, però, si complicano con la comunicazione. Un ministro deve dire tutto ai suoi collaboratori. Ma, se lavora con esperti di scienza, inevitabilmente avrà a che fare con persone per le quali la libertà di espressione è un principio basilare. Il problema è che scienza significa ricerca, quindi indeterminatezza. “Ebbene, in questo periodo l’indeterminatezza si mette in mostra davanti al pubblico per mezzo dell’intermediario, il coronavirus. Questo presuppone che il pubblico abbia una maturità sufficiente a comprendere quel carattere di indeterminatezza.
“La scienza deve dubitare. Sempre. In caso contrario, non è scienza ma dogma, è scientismo” spiega lo storico di Liegi Henri Deleersnijder, che ha dedicato un libro alle grandi epidemie e a come esse abbiano modellato le società. “Oggi – mette in guardia Deleersnijder – la scienza può tornare a essere un dogma per il mondo politico. Aggrappandosi a essa, infatti, la politica può risolvere le situazioni imbarazzanti nelle quali è caduta”. Lo storico allude all’imbarazzo che nasce dall’impotenza che si avverte quando ci si trova a dover lottare contro nemici che non si conoscono a sufficienza: il coronavirus e le sue varianti.
E qui la confusione, in tempi recentissimi o attuali, la confusione di ruolo e di compiti si rende palese. Il governo quanto ha manovrato sulla scienza medica ? E l’Europa ? E le multinazionali del farmaco ? La scienza come giustifica i silenzi di un ministro o le bizze di un governatore ? Occorre fare chiarezza, dare risposte certe, altrimenti l’amore sarà impossibile, o al massimo indecente.