Angelo Verrillo non finisce mai di stupirci. Leggendo per la prima volta un suo libro, si ha la sensazione che politica e storia confluiscano inevitabilmente nel personale. “Una delle prime cose che scopriamo in questi gruppi è che i problemi personali sono problemi politici. Non ci sono soluzioni personali in questo momento. C’è solo un’azione collettiva per una soluzione collettiva.” Lo sosteneva Carol Hanisch. Per quanto riguarda il campo teorico, ad aprire il decennio era stato il libro del sociologo C. Wright Mills, “The Sociological Imagination”, in cui si sosteneva l’esistenza di un legame indissolubile fra le esperienze individuali e il contesto sociale e storico.
Veniamo a noi, anzi veniamo a lui: Salvatore Manzo, il protagonista de “La lezione di Salvatore ” (il maestro analfabeta). Una Nocera che vive solo nel ricordo di chi l’ha vissuta in prima o seconda battuta. La vicenda del partito comunista locale e del sindacato: le lotte, gli uomini, i successi, le sconfitte, i tradimenti. Capocasale sullo sfondo, assieme alle cotoniere e agli opifici. Salvatore, una vita all’insegna del sacrificio, del dolore ma anche della coerenza, della parola mantenuta anche a costo di rimanere senza quattrino. Manzo per decenni è stato il riferimento comunista per eccellenza, la città dovrebbe ricordalo, ha ragione Verrillo: la memoria va onorata anche simbolicamente, con una strada oppure con un appuntamento. Angelo l’ha fatto con un libro, che immancabilmente diventa finestra sulla sua di vita, quella politica intendiamo, fatta di iniziazione dovuta proprio ad un fatale incontro giovanile con Manzo. Una miniera di ricordi e di aneddoti, che spesso ci fanno compagnia nelle chiacchierate al mattino. Con un desiderio: scrivere prima o poi la storia del comunismo nocerino, metterla su carta, farne un testo che abbia l’ambizione di non far terminare nel dimenticatoio fatti e persone. (m.m.)