
7 luglio: la deposizione di un mazzo di fiori e la silenziosa commemorazione del giovane Carlo Falvella, missino salernitano assassinato dall’anarchico Marini 49 anni fa in via Velia, scatenano la reazione di Anpi provinciale e Associazione Memoria in Movimento.
Come se il tempo si fosse fermato ad un’epoca oramai conosciuta dai più soltanto attraverso la lettura di libri di storia contemporanea, la lettera appare dura nei toni e persino irriguardosa nei confronti dell’unica vera vittima del fatto originario (del giovane ucciso manco la citazione di nome e cognome).
Spropositato, poi, l’invito al Prefetto a dimettersiUbaldo Baldi dell’Anpi provinciale e Angelo Orientale dell’Associazione Memoria In Movimento, firmano il seguente documento reo pubblico attraverso comunicato stampa: “Ancora una volta, nel centro di Salerno, il 7 luglio si è ripetuto lo squallido spettacolo del raduno e relativa manifestazione e corteo dei gruppi della destra dichiaratamente fascista. Il rituale è quello lugubre e minaccioso della simbologia squadrista nazifascista.
Ancora una volta i rappresentanti istituzionali della Repubblica italiana nata dalla Resistenza e la cui Costituzione condanna qualsiasi tipo di manifestazione che richiami il fascismo, preferiscono far finta di niente, corroborati dall’assordante silenzio delle forze politiche cosiddette democratiche, troppo impegnate nelle miserevoli vicende preelettorali.
Noi denunziamo tutto questo e soprattutto il tentativo di riscrivere la storia degli anni ’70 in maniera revisionistica e falsa.
Le violenze e le aggressioni neofasciste nel 1972 toccarono il culmine di una precisa strategia attuata in Italia e soprattutto a Salerno, dove trovarono supporto materiale, logistico e morale nel MSI almirantiano, che dopo i fatti e le violenze di Reggio Calabria, puntava alla conquista della nostra città come presidio per la sua espansione elettorale al Sud.
Almirante, che oggi – dai suoi epigoni- viene fatto passare come un politico democratico, oltre ad aver firmato bandi antipartigiani della R.S.I., a giugno di quel 1972 si era vantato di esser pronto a scatenare i suoi ‘giovani’ allo scontro frontale con i comunisti. Quello era l’humus su cui si sviluppò un crescendo di violenze contro i giovani salernitani dei movimenti studenteschi democratici.
Il sig. Prefetto di Salerno, quale garante della Costituzione italiana, non può più girarsi dall’altra parte, ha il dovere di intervenire e proibire queste manifestazioni dichiaratamente fasciste. Se non ne è capace, deve dimettersi”.
Qualche ora prima il movimento Gioventù Nazionale aveva diffuso un testo, a firma del coordinatore provinciale Alfonso Pepe, dal titolo ‘A Carlo, figlio d’Italia: il suo ricordo è ancora vivo’.
Si legge: “Abbiamo ricordato Carlo Falvella a 49 anni dal suo assassinio: per noi, il suo sacrificio è un monito perché la politica sia un momento di confronto e scontro ideale e non un terreno di morte e sofferenza.
Essere di destra alcune volte vuole significare scegliere la parte ‘sbagliata’ e non apprezzata da molti: nonostante oggi non si viva più lo scontro ideale che animava quella stagione politica, dobbiamo tuttavia notare come esistano ancora personaggi ‘sinistri’ che continuano ad inneggiare alla violenza verso la nostra parte politica diventando pericolosi maestri. I fatti che quotidianamente leggiamo sulle cronache politiche di quanto avviene nelle università d’Italia è un campanello d’allarme per la politica. Voglio ringraziare a nome della comunità salernitana il Presidente Nazionale Roscani, il presidente di Azione Universitaria D’Ambrosio, il Consigliere Regionale Carpentieri, il Consigliere Provinciale Iaquinandi, la dirigente nazionale Vietri e tutti i militanti che hanno preso parte alla commemorazione di Carlo Falvella”.
Noi la pensiamo diversamente da tutti: lasciate in pace Falvella e cercate di chiudere i conti, da ogni parte, con la storia. Non è giusto far politica o propaganda, da qualsiasi schieramento, su un passato che ha lasciato morte e ferite profonde nei protagonisti, nei loro affetti, nelle loro famiglie, nelle amicizie. Nessuno deve dimettersi, tutti dovrebbero invece avvicinarsi, cercando di arrivare alla condivisione dei ricordi, operazione in Italia maledettamente difficile.