RECENSIONE – Un viaggio ironico, critico, catastrofico, speranzoso lo spettacolo Confini, ideato e curato da Davide Sacco e Agata Tomsic sul testo di Ian De Toffoli, inserito nella palcoscenico del Campania Teatro Festival, è un percorso frutto di una lunga ricerca. E questo si vede. Si percepisce nella costruzione di uno spettacolo che si compone punto dopo punto, analizzando nel particolare ogni dettaglio. Un viaggio complesso tra passato, presente visto dagli occhi del futuro e accompagnato dalla presenza di due figure femminili speculari, come due corifee di un coro greco, che narrano la complessità della Storia. Le loro parole fredde, distaccate, serie accompagnano tra passato e futuro, scena dopo scena, nelle vicissitudini dell’Unione Europea, di cui emerge con chiaro intento di lettura storica, la sua base, i suoi valori, le sue contraddizioni, i suoi effetti. Unione realizzata sul commercio, sullo scambio, sul carbone, sullo sfruttamento di immigrati, sul deteriorarsi nel tempo, sulla distruzione catastrofica che porta a un futuro inaspettato su un altro pianeta.
Lo spettacolo deve la sua profondità di dettagli anche grazie al lavoro realizzato in laboratori, residenze che sono iniziate nel 2018 e hanno affrontato, partendo da Lussemburgo, il tema del rapporto economia – migrazione- ambiente in relazione alla fondazione dell’Europa. L’effetto, tra la denuncia e la visione catastrofica futura , ha un chiaro intento ‘politico’ di risvegliare le coscienze. Non basta mettere Confini per fare propria una cosa. Tutto parte e ruota attorno all’economia,”perché quando si fanno affari si è amici e gli amici non si sparano addosso…”
Il viaggio imposto dallo spettacolo prevede fasi diverse, che sfiorano il comico con una certa ironia soprattutto quando, le due voci narranti si alternano con il personaggio – personaggi (interpretati dallo stesso attore) che hanno ‘fatto’, deciso l’Europa. E sa di caricatura, anche nei costumi, nell’esacerbato trucco, la presenza di tanti tra cui Churcill a Robert Shumann. Personaggi a cui fanno da contraltare le storie vere di emigrati a Lussemburgo per lavorare il carbone. Questi racconti ( in francese anche se le persone provengono dall’Italia, segno di un’unità dell’Europa) sono momenti di grande impatto: in una “scatola”- contesto che con tono freddo racconta la teoria dell’Europa, i punti della carta dei diritti umani dell’Europa, le sfumature e e i dettagli personali svelano con forza emotiva la realtà. Gli attori liberano la magia coinvolgente del narrare. Si denuncia il vertiginoso passo verso il buio, verso l’autodistruzione.
L’EUROPA SI ACCARTOCCIA
Dopo il viaggio nella costruzione dell’Europa, e nei suoi contrasti, sfruttamenti, gioco di interessi privati parte il racconto della distruzione. Un racconto futurista per noi, ma per loro di un passato. Un racconto che viene portato avanti solo dalle due donne-coro- narratrici e che tocca tutti la nostra realtà. Dall’inquinamento, allo scioglimento dei ghiacciai, alla visione apocalittica ma ormai temuta, di una terra inondata dalle acque del dio Nettuno, mentre i ghiacciai si sciolgono. Un mondo in cui, e l’allusione al momento che stiamo vivendo è chiara, arriva una pandemia, causata da un virus passato da animale all’uomo in Cina che condizionerà tutti. Tra costrizioni e chiusure, il mondo sperato, orientato verso il bene manifesta tutta la sua cattiveria. Fino alla guerra civile, fino all’autodistruzione totale dell’ambiente come degli uomini.
L’AGENZIA SPAZIALE DEL GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO
Il cerchio si chiude. Mentre il mondo si distrugge viene spiegato che ci troviamo sull’astronave costruita per partire verso il nuovo mondo. L’uomo del video, con i suoi toni esagerati, sempre lo stesso attore che di fatto veste tutti i ruoli di potere, racconta. Tutto è frutto dell’Agenzia spaziale del Granducato di Lussemburgo, che rappresenta la differenza: quella realtà che avrebbe garantito la sopravvivenza anche ai dinosauri. Mille persone solo, selezionate, sono pronte a partire per il pianeta del futuro, la terra del futuro, che si chiama TOI 700 ed è distante 101 anni luce: si può raggiungere in un batter d’occhio, mentre si è indotti in un sonno che lascia il corpo intatto dal tempo. E ‘ come la terra ma non ci sarà lavoro, visto che fanno tutto i computer, non ci sarà altra nazione, non ci saranno conflitti. Ci sarà la vera pace. Il personaggio, il solito volto dello stesso attore, di grande impatto sul video, aggiunge una strana risata alle sua già evidente stranezze. Anche in questo caso è l’uomo del potere, della riduzione, e gli spettatori tutti sono il popolo dell’astronave: ” Dite addio al Sole – conclude – la migrazione è condizione umana e voi sarete stati gli ultimi migranti”.
LETTURA DEL PRESENTE E DEL FUTURO
La Storie viene passata al setaccio. Il racconto del senso dell’Europa diventa il racconto di una catastrofe annunciata. La lettura è chiara e dettagliata. Uno sguardo necessario e politico al reale, che riunisce tasselli. Il teatro torna ad essere veicolo di rilettura del reale, con una scelta di contestualizzarla nel futuro, nel distaccato modo delle due narratrici, robotiche e nell’ironico contrappasso della dimensione del potere rappresentata da uomo- uomini(o donne) di potere che però sono in video. Lo spettacolo raggiunge diversi momenti in cui convince e in cui sembra di aver raggiunto il senso, il profondo significato. Più volte sembra arrivare alla conclusione di un discorso, riappacificare il senso per ripartire invece ancora con altre sfumature. Forse questo rende più difficile seguire il lungo spettacolo, reso più complesso anche dal mescolare lingue, l’ascolto e la partecipazione. Uno stimolo per lo spettatore che non crea fastidio ma forse, nella precisione dei dettagli, può creare un affastellamento di notizie che rischiano di far perdere il cuore, i cuori, gli slanci. La lettura dell’oggi, visto dal futuro, serve, apre a una considerazione sul virus, sui vaccini rifiutati, sulla sfiducia nella scienza, sull’auto distruzione che stiamo vivendo, tocca inevitabilmente temi che inondano attraverso i media la nostra quotidianità. Come accade anche per una visione del mondo chiuso, dei confini che tornano a separare l’umanità, indirizzata da obblighi, dal mondo finto e plasmante della comunicazione. Certo ognuno si porta a casa un pezzetto di questo spettacolo, con la indubbia certezza che la connessione del presente di oggi con il passato ricorda che il concatenarsi di cause ed effetti non si può ignorare. La speranza ironica in un futuro che superi questo assurdo modo di vivere l’oggi si connota di una dimensione quasi folle, più rischiosa, degenerante del presente di cui, se pur dietro parole di pace e di serenità e giustizia sembra di ritrovare il solito meccanismo del potere che decide il percorso e il cammino.