Oggi ricorre l’anniversario numero 112 di Alfonso Gatto, gloria di Salerno, non calcistica per carità ma intellettuale, poetica e artistica. Nacque nella città di San Matteo il 17 luglio del 1909.La sua era una famiglia di marinai e piccoli armatori, di origine calabrese , il padre si chiamava Giuseppe e la madre Erminia Albirosa, il fratello, Alessandro, era invece un pittore per questo, Alfonso, era anche un esperto critico d’arte.
Nel 1938, su commissione dell’editore Vallecchi, fonda a Firenze, assieme allo scrittore Vasco Pratolini, la rivista Campo di Marte che diventa la voce del più avanzato ermetismo. Il periodico durerà, tuttavia, un solo anno.
Nel 1941, grazie alla sua fama, ottenne la cattedra di Letteratura italiana presso il Liceo Artistico di Bologna, iniziando anche una collaborazione con la rivista: La Ruota di Meschini, Primato di G. Bottai; continuando sempre nella pubblicazione di sue poesie e recensioni letterarie.
Nel 1943 partecipò attivamente alla Resistenza, opponendosi con fervore al nazifascismo; nel 1944 si iscrisse al partito comunista, rimanendovi fino al 1951; collaborò a Rinascita di P. Togliatti e subito dopo la liberazione della città, nel 1945, lo troviamo nella redazione milanese dell’Unità, dove svolgerà anche il ruolo di inviato speciale. Durante il dopoguerra, si trasferì definitivamente a Roma continuando l’attività di giornalista e pubblicista presso varie testate.
Attualmente riposa nel cimitero di Salerno; sulla sua tomba resta inciso il commiato funebre dell’amico Eugenio Montale: “Ad Alfonso Gatto per cui vita e poesie furono un’unica testimonianza d’amore.”
Tra i suoi numerosi volumi di poesia ricordiamo: Isola (1932), Morto ai paesi (1937), Il capo sulla neve (1949), La forza degli occhi (1954), Osteria flegrea (1962), La storia delle vittime (1966), Rime di viaggio per la terra dipinta (1969).
Oltre che poeta è anche scrittore di testi per l’infanzia e di opere in prosa, delle quali, ricordiamo: Carlomagno nella grotta (1993), La sposa bambina (1994), La coda di paglia (1995), Il signor Mezzogiorno (1996).
Ma oltre alla carriera di letterato e poeta, Alfonso Gatto, svolse anche il ruolo di attore in diversi film come: Il sole sorge ancora di Aldo Vergano (1946), Il Vangelo secondo Matteo (1964) e Teorema (1968) di Pier Paolo Pasolini, Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi (1976) e in Caro Michele di Mario Monicelli (1976), tratto dall’omonimo romanzo di Natalia Ginzburg.
L’omaggio nostro ai suoi versi
CENERE
Quello che non sappiamo come un sogno,
come la pioggia, scende in cuore a sera.
Il freddo stringe sulle cose il lume,
lo squallore perenne dei giornali
abbandonati sulle strade, nomi,
fatti perduti appena nati, cenere.
Quello che non sappiamo come un treno
solo nel mondo giunge coi fantasmi
alle case di nebbia, da lontano
un bubbolìo di sonagliere, il carro
delle notti serene.
Quello che non sappiamo, come il freddo,
come la neve, scende sulle tombe.
Udimmo il vento porgere alle cose
il pensiero che l’ombra le fa sole.
Quello che non sappiamo è forse il volto,
il nostro volto che la morte un giorno
suggellerà col suo silenzio, nomi,
fatti perduti appena nati, cenere.