Se il Governo continuerà a prendere provvedimenti di questo tipo, con queste modalità, saranno impugnati in Corte italiana, in Corte di Giustizia ed eventualmente in Corte europea dei diritti dell’uomo. Questa in sintesi l’opinione del professor Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano in una sua intervista rilasciata a Federico Ferraù per “IlSussidiario.net” della quale riportiamo i passaggi più interessanti.
“Se io continuo, passo dopo passo, ad estendere il novero delle limitazioni fino a svuotare il diritto di circolare o riunirmi se non ho un lasciapassare, alla fine introduco, surrettiziamente, non un obbligo, ma un condizionamento alla vaccinazione. E questo finisce con l’essere una misura equivalente all’obbligo – afferma il professor Mangia e continua sulla vaccinazione obbligatoria – In altri tempi quello delle vaccinazioni sarebbe stato un non-problema.
Gli obblighi vaccinali, ci sono, ci sono sempre stati, almeno da quando i vaccini sono entrati a far parte dell’arsenale medico. E a certe condizioni è bene che ci siano. Anche per categorie. Basta leggersi un pezzo di Costituzione, che hanno citato tutti fino alla noia. Perché certe cose si sapevano anche nel 1948. Non è questo il punto. Il problema sta nel fatto che i vaccini di cui si parlava, ad esempio, ai tempi della legge Lorenzin erano vaccini in circolazione da tempo, e ampiamente conosciuti quanto ad efficacia ed effetti avversi. Qui invece ci troviamo di fronte ad un vaccino del quale, a rigore, non è certa nemmeno la denominazione di vaccino o di terapia preventiva.
Qui c’è un problema nelle modalità attraverso le quali è stata realizzata l’autorizzazione in commercio di questi vaccini. Tutte le sperimentazioni, di cui si è parlato per mesi, sono state sperimentazioni condotte secondo un procedimento speciale, che ha portato in Europa ad una “autorizzazione condizionata”, e negli Usa ad una “autorizzazione d’emergenza”. Tutto questo viene presentato come uno snellimento burocratico. Ma in realtà questa procedura ha reso impossibile quella valutazione dei rischi a medio e lungo termine che è tipica di ogni farmaco o vaccino messo in circolazione.
Da qui la sua messa in circolazione non con un’autorizzazione standard, per restare al linguaggio del Reg. 726/2004, ma con un’autorizzazione condizionata. Insomma, l’accertamento tecnico condotto finora è un accertamento sommario e provvisorio, soggetto a scadenza entro un anno dal rilascio. Salvo rinnovo. Se fossimo in una situazione di normalità avremmo un’autorizzazione standard dell’Ema, e tutti questi discorsi non avrebbero senso. È questo il nodo di tutto. Perché se si trattasse semplicemente di fare un vaccino antitubercolare o antiepatite questi problemi non ci sarebbero.
Non è che questi vaccini siano sperimentali, qualunque cosa abbia detto per errore Figliuolo o come si ripete in giro. Diversamente dall’antivaiolo o dall’antitubercolare, questi vaccini non sono sperimentati e approvati in via definitiva. Circolano con un’autorizzazione provvisoria, soggetta a revisione ogni 12 mesi. Più chiaro di così c’è solo il sito dell’Ema. Purtroppo non abbiamo ancora inventato la macchina del tempo per sapere che effetti avranno a medio e lungo termine questi vaccini. Da qui, giustamente, l’autorizzazione condizionata. L’Ema, checché se ne dica, è una cosa piuttosto seria. Ci sono responsabilità enormi in ballo, innanzi tutto penali. E nonostante le pressioni cui si può immaginare sono soggetti i suoi funzionari.
Dal 2002, secondo la Corte costituzionale, il legislatore, in materia sanitaria, è vincolato dalle risultanze degli accertamenti tecnici. E cioè dai risultati delle sperimentazioni. Sentenza Onida e sentenza Cartabia del 2018. Sperimentazioni che in questo caso forniscono un’accertamento sommario e comunque non definitivo. Accertamenti sommari e provvisori, condotti in nome dell’emergenza, non sono una base per l’introduzione di un obbligo vaccinale, nemmeno per categorie limitate. Occorre poi ricordare quel pezzo di art. 32 che tutti si dimenticano di citare. E cioè quello che dice che, anche se opera con legge, il legislatore “non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Strano che nessuno lo citi più.
Non è che in Costituente fossero degli sprovveduti, né che allora questi problemi non si ponessero. Tant’è vero che il 28 gennaio 1947 un membro dell’Assemblea, di nome Aldo Moro, si presenta in Commissione spiegando che i medici dell’Assemblea gli si erano rivolti chiedendo di introdurre delle limitazioni al potere del legislatore di disporre trattamenti sanitari coattivi. Si trattava, ci dice Moro, “del problema della sterilizzazione e di altri problemi accessori”. Quindi siamo di fronte a problemi enormi. Di legittimità costituzionale che saranno inevitabilmente sollevati – e mi stupisco non siano ancora stati sollevati – nelle diverse sospensive davanti ai Tar di mezza Italia sugli obblighi ai sanitari.
Ma c’è anche un altro punto. Quello relativo alla compatibilità di un obbligo vaccinale – i cui effetti non sono definitivamente accertati – con l’art. 3 della Carta di Nizza, e cioè con la Carta dei diritti che opera all’interno dell’Unione. Qualcosa di non troppo diverso da quello che diceva Moro nel 1947. E cioè che ogni individuo ha diritto alla integrità fisica e psichica, passando poi ad elencare, solo a mo’ di esempio, i limiti apposti alla medicina e alla biologia. È interessante e va letto. Non sono formule da manualetto di educazione civica. Sono formule potenti, che segnano i confini di una civiltà, anche in tempi di paura. E che vogliono parlare a persone di persone. E non di altro. È evidente che, per come si è messa, la questione della vaccinazione obbligatoria non riguarderebbe più solo la Corte italiana, che verrebbe scavalcata, ma diventerebbe una questione che coinvolgerebbe tutti i paesi dell’Unione Europea, solo che si rinviasse la cosa in Lussemburgo ex art. 267 TFUE. E lì la questione coinvolgerebbe situazioni, governi e opinioni pubbliche molto più differenziate di quanto non si dia solo in Italia. E nell’intervallo di tempo del rinvio, che ne sarebbe dei provvedimenti di sospensione per i sanitari oggi, e per il personale scolastico domani? Qualcuno si vaccina e qualcuno no? E anche non volendo parlare dei tempi di questi giudizi, in cui tutto resterebbe sospeso, il problema sarebbe la risposta.
Il green pass, che pure ha i suoi problemi di diritto Ue, è un surrogato. Siccome non è possibile vaccinare a forza 60 milioni di persone, le devi portare, in modo indiretto, a volere quello che è bene che vogliano. E cioè con la “spinta gentile” che può diventare un pungiglione. Insomma, con il sistema delle patenti a scalare. Dopodiché, patenti a parte, su singole categorie puoi fare pressione, settore per settore. Perché i medici? Perché il personale scolastico? Questa vicenda ci ha fatto ricordare che ogni libertà può essere oggetto di autorizzazione, laddove questo non sia espressamente vietato dalla Costituzione.
Il punto è che se io continuo, passo dopo passo, ad estendere il novero delle limitazioni, fino a svuotare il diritto di circolare o riunirmi se non ho un lasciapassare, alla fine introduco, surrettiziamente, non un obbligo, ma un condizionamento alla vaccinazione. E questo finisce con l’essere una misura equivalente all’obbligo. Per capirci, è come se io fossi proprietario di un appartamento e, un po’ per volta, trasferissi ad altri il diritto di godimento di ogni stanza fino a nemmeno poterci entrare più, in quell’appartamento. A meno che non mi vaccinassi.”