Ha vagato per giorni in Costiera, è arrivato fino a Bologna viaggiando con mezzi di fortuna e con pochi spiccioli in tasca, tenendo soprattutto con il fiato sospeso la sua famiglia e tante altre persone che si sono appassionate alla sua vicenda. Guglielmo Belmonte, lo studente universitario della Luiss di 24 anni che venerdì aveva fatto perdere le sue tracce uscendo improvvisamente senza portarsi dietro niente neanche il cellulare, ha riabbracciato ieri il padre Sandro, la madre Rita, il fratello maggiore Oreste e gli amici più cari che lo aspettavano nella sua abitazione di piazza san Francesco. A convincerlo a ritornare a casa, quella casa che aveva all’improvviso abbandonato alle 18 di venerdì scorso senza salutare nessuno, è stato Enrico, un giovane incontrato a Bologna, un «angelo custode» che Guglielmo vuole assolutamente ritrovare per ringraziarlo e dirgli quanto è stato importante averlo conosciuto.
La madre gli ha fatto trovare pizza rustica, parmigiana di melenzane e torta caprese, i suoi piatti preferiti. Le parole di Guglielmo: «Sola ora mi rendo conto e chiedo scusa a tutti per il danno arrecato, mi dispiace molto, ma non ero lucido in quel momento, non avevo voglia di stare con gli altri, avevo bisogno di pensare un po’ per i fatti miei. on mi sono reso conto di quello che stavo facendo, non avevo la possibilità di guardare i social perché non avevo il telefono per cui tutti gli appelli non li ho visti. Quando sono uscito di casa venerdì avevo voglia di camminare, sono arrivato a piedi a Cetara e poi ad Erchie dove ho dormito sulla spiaggia. Sono andato a piedi fino a Praiano e poi in autostop a Positano. Qui è successa una bellissima cosa, mi sono messo a giocare a pallone con dei bambini, ad uno di loro ho raccontato la mia storia e poi che non avevo soldi ma che volevo continuare a girare. Il bambino mi ha capito al volo e ha chiesto cinque euro alla mamma, con quei soldi ho preso l’autobus per Sorrento e da qui la circumvesuviana per Napoli, con quel poco che mi è rimasto ho mangiato. Per due notti ho dormito in spiaggia, poi sugli autobus che circolano di notte sia a Roma che a Bologna, un’esperienza incredibile, ci sono tanti senza tetto che passano le notti così ed io mi sono confuso tra loro. Al parco della Montagnola, mi si è avvicinato un ragazzo, si chiama Enrico. Mi aveva riconosciuto, conosceva la mia vicenda, mi ha detto che aveva dei figli ed ha immaginato cosa stessero passando i miei genitori. Forse solo allora ho riacquistato la lucidità, quella chiacchierata è stata importantissima, soprattutto con i suoi modi quell’uomo mi ha fatto ritornare alla realtà. Voglio assolutamente rincontrarlo per ringraziarlo, ho capito solo allora che costa stavano passando i miei genitori».