I dati-choc, aggiornati al 7 settembre 2021, sono elaborati e diffusi dalla fondazione Openpolis su dati Eurostat.
Nell’approfondimento, si legge: “Il 58,4% della popolazione italiana in età lavorativa, nel 2020, aveva un impiego. In quanto a tasso di occupazione nazionale, l’Italia si posiziona al di sotto della maggior parte dei Paesi dell’Europa meridionale e piuttosto lontano anche da quelli dell’Europa orientale, come Bulgaria e Romania, dove pure le condizioni lavorative sono spesso difficili.
Approfondendo i dati a livello locale, vediamo inoltre che ci sono forti differenze non solo tra i vari stati dell’Europa, ma anche tra le regioni. Considerando i due estremi ad esempio, si passa dall’81,5% di popolazione occupata nella regione finlandese dell’Åland al 40,9% in Campania.
Con l’eccezione di alcuni territori europei localizzati al di fuori del continente (Ceuta, Réunion, Mayotte e Guyana francese) con Puglia, Sardegna, Calabria e Sicilia sono le regioni europee in cui meno del 50% della popolazione in età lavorativa risulta occupata”.
Il tasso occupazione è la percentuale delle persone in età lavorativa (15-64 anni) che sono correntemente impiegate. Le regioni seguono la classificazione europea NUTS 2: si tratta delle regioni di base per l’applicazione di politiche regionali.
Per quanto riguarda le regioni italiane, al primo posto troviamo la provincia autonoma di Bolzano, che registra un tasso di occupazione superiore al 70%, ai livelli di molte regioni dell’Europa settentrionale. Rispetto alla Campania, c’è una differenza di ben 30 punti percentuali. Questo fa dell’Italia il paese più eterogeneo in quanto a tasso di occupazione.
Anche altri Paesi, in particolare la Spagna e la Grecia, sono caratterizzati da una forte diversificazione interna. La regione di Madrid, per esempio, ha un tasso di occupazione del 66,8%, contro il 52,7% dell’Andalusia. Analogamente, in Grecia, il Peloponneso registra un tasso di occupazione del 62,9%, mentre la regione della Grecia occidentale (Dytiki Ellada) si attesta al 50,6%.
Nella regione dell’Haineaut, in Belgio, lavora il 55% della popolazione, un dato molto più basso rispetto alla media del paese (64,7%). In altri stati poi, tra cui la Polonia e la Romania, vediamo che la regione della capitale si distingue rispetto al resto del Paese per un tasso di occupazione decisamente più alto. Varsavia, ad esempio, ha un tasso pari al 76,5% (contro il 68,7% di media nazionale) e Bucarest pari al 72,1% (contro il 65,6%)”.
I divari regionali in Italia – “In tutta l’Europa e soprattutto più a sud vediamo quindi dei forti divari regionali. In nessun altro Paese europeo, però, le differenze tra regioni in quanto ad occupazione sono significative come in Italia.
La macroregione italiana del nord-est è quella con il più alto tasso di occupazione (67,5%), seguita dal nord-ovest (65,9%), dal centro (62,7%), e, a maggiore distanza, dal sud (44,6%) e dalle isole (43,7%). Nel Friuli Venezia Giulia il tasso di occupazione è cresciuto, tra il 2019 e il 2020, di 0,5 punti percentuali.
Come nel resto del continente, poi, anche in Italia la pandemia ha avuto un impatto sul mondo del lavoro. Rispetto al 2019, il tasso di occupazione del nostro Paese è diminuito di circa un punto percentuale. Fatta eccezione per il Friuli Venezia Giulia, tutte le regioni italiane, seppur con leggere differenze, hanno registrato cali. Una battuta d’arresto per il nostro Paese che negli ultimi anni stava registrando un lento ma costante miglioramento.
Titoli di studio –“Inoltre, le disparità appena viste a livello regionale non sono le uniche a caratterizzare l’Italia, che registra ampi divari occupazionali di genere innanzitutto, oltre che legati al titolo di studio. Come mostrano i dati Istat, c’è una differenza significativa tra i laureati (occupati, nel 2020, quasi nell’80% dei casi) da una parte e le persone sprovviste di titolo di studio, o con la licenza elementare (31,5%) dall’altra”.
Divario di genere – “Allo stesso modo, ci sono ancora notevoli differenze di genere: rispetto agli uomini, le donne sono decisamente meno inserite nel mondo del lavoro.
18 punti percentuali di differenza tra il tasso di occupazione maschile (67,2%) e quello femminile (49%).
Anche in questo caso, vediamo che i divari si fanno più o meno ampi a seconda della regione. Il divario di genere, ad esempio, è più significativo nelle regioni meridionali rispetto a quelle settentrionali, e la Puglia è la regione in cui la disparità è più evidente.
Sono circa 27 i punti percentuali di differenza tra il tasso di occupazione degli uomini (59,7%) e quello delle donne (32,8%) in Puglia. Una disparità ampia, così come quella che si registra nelle altre regioni del mezzogiorno, tutte con un divario superiore ai 20 punti.
La Campania è terza: qui il divario occupazionale di genere è del 24.6%.
Al lato opposto invece le regioni del centro e del nord. Prima la Valle d’Aosta, con 7,6 punti di differenza tra percentuale di occupati uomini (71%) e donne (63,4%). Cioè 20 punti in meno rispetto al dato pugliese. Segnale di quanto anche il divario occupazionale di genere cambi radicalmente da una regione all’altra del nostro Paese”.