Il museo di Stabiae, dedicato a Libero D’Orsi sito nel palazzo reale di Quisisana diventa lo scenario per una visita-spettacolo di particolare sapore. Tutto nasce dall’idea di dare spazio ai reperti esposti da poco più di un anno stabilmente nel museo a Castellammare di Stabia, ma sempre troppo poco noti. Un evento Scabec firmato Casa del Contemporaneo che ha ravvivato il sito nei due primi venerdì e sabato di ottobre. Un percorso che si pone in continuità con i due spettacoli tenuti a settembre nelle ville dell’antica Stabiae, in cui si parlava del mondo di Libero D’Orsi. Il preside che volle, con caparbietà, tirare fuori dalla terra le ville romane e i suoi reperti negli anni cinquanta, anche andando oltre le disattese dell’allora Soprintendenza, ispira anche questi piccoli dialoghi. Inseriti in un percorso di visita guidata classica interrotta o forse completata da riflessioni sulla visione contemporanea della bellezza scoperta di Stabiae, sulla sua protezione, valorizzazione e fruizione.
Ciccio, nipote di don Ciccio e la giovane sapiente Rita
Durante la visita, già nell’introduzione della guida si inserisce un personaggio, uno dei ‘guardiani’ del museo, che in maniera un po’ invadente si presenta come nipote di don Ciccio, il bidello di scuola che aveva aiutato il preside Libero D’Orsi a scavare Stabiae. L’ incontro che sembra vero è invece frutto del progetto realizzato dalla penna e dalla regia di Fabio Cocifoglia e permette di creare un effetto sorpresa: quando il guardiano ricompare tutti credono al suo ruolo e vedendolo trascinare una giovane donna sorpresa a fare dei video e senza biglietto, tutti si chiedono cosa stia succedendo, se sia un fatto reale o no. Bravura di Giampiero Schiano, che interpreta Ciccio (attore che chi ha visto gli spettacoli su Stabiae riconosce visto che lì interpretava Don Ciccio) . Piano piano, però, si capisce che quella giovane donna, che viene ‘scortata’ fuori il museo, (una battagliera Rita Cioffi) è parte di un progetto più grande. Riflettere ancora su Stabiae oggi, sull’attenzione verso questa terra, la sua bellezza disillusa, spezzata dal disinteresse. O ancora peggio da interessi altri.
Dal passato al presente di Stabiae
Le battute tra i due raccontano storie diverse, o meglio volti di una unica stessa storia: la condizione del mondo archeologico stabiese collegato alle abitudini locali, il poco valore dato al mondo antico, alla dimensione turistica, alla protezione del passato, al rilancio della memoria. Persino all’importanza di sostenere economicamente l’arte, preferendo non pagare il biglietto. Scopriamo che la giovane è una appassionata e colta archeologa, anche nipote della custode di villa Arianna dell’antica Stabiae, e che sta al museo per fare dei video da rendere virali sui social per impedire di ‘costruire’ ancora abitazioni sulla memoria nascosta nelle viscere. Per fermare la sua famiglia, coinvolta in questa visione negativa, in primis. Il tutto registrando accanto alle opere d’arte le ‘fonti’. Si perché cuore di questo percorso è indubbiamente quello di ricordare e far ricordare, valorizzare e riflettere su abitudini che portano a questi atteggiamenti.
Un percorso legato alle parole.
Ciccio cita il nonno, ma grazie alla giovane Rita, scopre che più che la sua saggezza parla, attraverso quelle frasi, la saggezza del mondo antico. E poi le parole di Rita aprono un legame con la memoria, si diverte a far risentire suoni della lingua antica, della cultura ma anche del passato. Quando escono sul terrazzo dalla vista mozzafiato del palazzo di Quisisana, che dà sul Vesuvio , sul mare azzurro costeggiato dal mare di cemento, il discorso diventa chiaro. Memoria antica come contraltare del disinteresse, memoria contro disimpegno, memoria contro dimenticanza. Il nipote di don Ciccio e la nipote della custode si associano nell’idea di proteggere il passato, il suono del passato, il valore di ogni pietra del passato. I due si accordano organizzando un progetto: fare video per ricordare al mondo la bellezza di quel museo, di quelle opere, di Stabiae e della sua storia. Mentre le visita guidata continua, fino alle pitture del triclinio della villa di Carmiano, si ritrovano Ciccio e Rita vicino al carro di Arianna esposto. Un unicum della storia archeologica ricostruito con dovizia di dettagli. Qui Ciccio, in relazione al carro, racconta ancora un aneddoto del nonno. Non si spiega perché ripeteva sempre “Vai, vai carrettiere portami a Pompei dal mio amore”, visto che la nonna non era di Pompei. E anche qui la sapiente Rita, che tutto sa delle parole antiche, gli ricorda la scoperta del graffito di Pompei a cui la frase allude. Perché don Ciccio, come Libero D’orsi, avevano sempre un legame, un collegamento con il mondo antico. E ogni parola lo rivela.
Conoscere e riflettere Stabiae
Il percorso di visita è doppio. In parte si guarda al passato con occhio più serio, si scorrono gli oggetti di Stabia per grandi linee e si percorrono le stanze del museo, dall’altra parte ci si lascia coinvolgere in una riflessione sul senso del proteggere, preservare, ricordare e conservare tutte quelle bellezze. Sguardi resi, questi ultimi, con un sorriso suscitato dalla verve comica di Ciccio-Schiano, con la verve sempre ispirata dal mondo antico e poi anche dalla tenerezza di una giovane appassionata, colta, con una forte volontà battagliera, pronta alla lotta anche mediatica per la difesa del passato. Questo piccolo viaggio rappresenta un passaggio necessario rispetto al percorso realizzato con gli spettacoli su Libero D’Orsi, una sorta di spiegazione del perché Castellammare non decolla mai, non riesce a uscire dalla cappa schiacciante della vicina Pompei a cui sottostà da sempre. Un momento di riflessione e di denuncia, di riflessione e di speranza che da sempre sono il valore di un teatro che vive di un senso sociale, di dialogo con il reale profondo.