In fondo il Sistema Salerno si spiega con questa proposizione semplice: mentre tutto il Mondo discute di green economy, in questo capoluogo la casta punta sul cemento come negli anni ’60 e ’70. Le origini di questa impostazione? Il secondo capoluogo della Campania negli anni ’50 è stato un forte riferimento di immigrazione dalla Lucania, dal Cilento, dall’Irpinia e dalla Calabria: basti pensare che esce dalla guerra con poco più di 60mila abitanti che diventano 120mila dieci anni dopo e 150mila nel 1971 per toccare la punta massima di 157mila nel 1981, anno in cui è iniziata la fuga della città, ormai tornata ai livelli della metà degli anni ’60.
In termini di percentuale, solo Torino, Milano e Roma ebbero superiore capacità attrattiva e solo Milano e Roma hanno conosciuto una maggiore espansione edilizia.
Già, la fame di case è stata la chiave di uno sviluppo selvaggio ma costante che ha cambiato il volto della città. In pratica solo un salernitano su tre aveva il nonno di Salerno e l’espressione ancora in uso <Fuori la Ferrovia> ricorda la stazione fuori dal centro abitato mentre sino a non molti anni fa gli abitanti della zona orientale, i vecchi casali di Pastena, Mercatello che ammagliavano la città alla laboriosa e ricca piana del Sele, dicevano “vado a Salerno” per dire “vado al centro”.
Curiosità antropologiche, ma che spiegano l’origine del Sistema Salerno come viene definito oggi nell’inchiesta Zoccola&C.
Questa crescita provocò grandi tensioni sociali, comuni all’Italia dell’epoca, ad un grande ’68 studentesco nelle università e nei licei che vedevano protagonisti Michele Santoro, Lucia Annunziata, Edoardo Sanguineti, Tullio De Mauro, Gino De Giovanni, Gerratana, Achille Bonita Oliva, Filiberto Menna. Ma alle spalle delle contrapposizioni politiche c’era un patto non scritto: i partiti di governo rilasciavano licenze edilizie, la sinistra gestiva le assunzioni nei cantieri.
Nella seconda metà degli anni ’70 avviene la metamorfosi del Pci: nel Comitato Federale, una sorta di parlamentino provinciale, si elegge una forte presenza di ingegneri e di architetti freschi di studi. Lo stesso dicasi nel Psi. In poche parole la sinistra tra gli anni ’70 e ’80 diventa egemone culturalmente proprio nel settore del cemento, va oltre la sistemazione dei suoi militanti come forza lavoro e ambisce a governare il processo di crescita della città. E negli anni ’80 infatti la Dc finisce all’opposizione
Il sistema Salerno non è altro che la fusione di queste tre fasi storiche. Mentre scrivo queste righe, sono al lavoro le gru che stanno divorando, siamo nel 2021, decine di ettari di suolo pubblico disegnando una nuova skyline nella zona Orientale. Ovunque ci sia un buco si costruisce. Come è possibile visto che la fame di case è stata saziata e gli abitanti diminuiscono anno dopo anno?
Nella risposta a questo ossimoro, più case meno abitanti, c’è il nodo del Sistema Salerno che solo indagini patrimoniali su ricchezze improvvise e spesso esibite, faraoniche ristrutturazioni di case private possono veramente portare alla luce.
Nel suo bellissimo blog che ogni magistrato e finanziere dovrebbe leggere (peppecarpentieri.wordpress.com), Peppe Carpentieri scrive che “per eliminare rendite di posizione e rendite parassitarie c’è solo la soluzione radicale, e cioè che la proprietà dei suoli sia dello Stato e ne conceda l’uso attraverso il diritto di superficie, cosicché la rendita è incassata dallo Stato e non più dai privati. La speculazione edilizia nasce da questa consapevolezza del mercato, e cioè influenzare le scelte dei piani regolatori per incassare il profitto delle rendite frutto di una mera scelta politica, e non di un criterio di merito perché non esiste”.
La nuova casta salernitana ha puntato tutto sul cemento. In periferia distrugge l’ambiente e nel centro si ristruttura appartamenti di lusso con piscine sugli attici. Un modello da favelas in cui non c’è spazio per il confronto: i nuovi appartamenti di lusso hanno guardie giurate, porte sbarrate, telecamere proprio come in Sud Africa. Tutti o quasi, i nuovi costruttori vengono da fuori sicché possiamo dire che da Salerno fuggono i cittadini e veri immigranti sono i costruttori che lasciano i loro territori di origine devastati da una speculazione edilizia di bassa qualità.
Cosa ci sia di illegale in tutto questo non so, lo dovranno rivelare le indagini in corso che però sino a quando non si occuperanno di alcuni degli immensi patrimoni immobiliari accumulati da pochi soggetti poco potranno portare davanti a un giudice terzo.
Questo sistema è articolato con un capillare sistema di consenso e di controllo che parte dal Comune e si irradia sulle Municipalizzate e sul sistema della cooperative. In pratica, in una città dove non lavora il 44% delle persone (includiamo pensionati e studenti), centinaia di posti dipendono dalla volontà politica senza passare per alcun concorso pubblico. Centinaia di posti significa centinaia di famiglie.
Tutto questo ha come riflesso una continua fame di soldi per sostenere questa economia assistenzialista, ed è il motivo per cui Salerno è una delle città più tassate d’Italia. In pratica i veri gabellieri sono gli ausiliari del traffico e il sistema di riscossione è efficace e implacabile. Magari la magistratura avesse gli stessi mezzi.
La terza gamba del consenso sono gli esercizi pubblici: nonostante il Covid pochissimi hanno gettato la spugna. In pratica, a differenza di tutte le altre città italiane, non esistono Affittasi nell’area centrale dove i fitti arrivano a 6000/7000 euro al mese. Basterebbe incrociare i dati fra i redditi dichiarati e queste spese per individuare quali sono le lavatrici a cielo aperto di questa Gomorra del cemento che si prepara a divorare le colline di Giovi.
Blocco sociale, progetto preciso e dettagliato. Ecco perché il confronto con i giornalisti è negato.
La stampa della casta salernitana sono gli annunci immobiliari.