Il 25 0ttobre 1954 una precipitazione proveniente dall’Italia settentrionale si sposta verso sud. Intorno alle 21,00 la perturbazione acquista le caratteristiche di un ciclone. Più di 500 millimetri di pioggia, per la durata di sedici ore, si abbattono al suolo.
Nella notte i torrenti Fusandola, Rafastia, Bonea, Cetus, Regina Maior e Regina Minor esondano e quelli tombinali esplodono, trascinando verso il fiume colate di fango e ammassi di detriti. A Salerno, Vietri e Minori si conteranno 316 morti,10.064 senzatetto, 320 fabbricati distrutti, 279 fabbricati danneggiati e danni per 45 miliardi di lire ( fonte CNR del 2004). Alle 1,52 si fermano le lancette dell’orologio del Campanile dell’Annunziata.
Via Mercanti è isolata, crolli nel rione Canalone dove la Chiesa di S. Gaetano viene letteralmente spazzata via. La zona occidentale del porto subisce danni ingentissimi. Una frana si stacca dal monte San Liberatore e travolge il rione Olivieri e Via Indipendenza, la strada Salerno – Vietri sprofonda sulla spiaggia sottostante e sul quartiere Porto. Nella sola città di Salerno si contano 108 vittime.
Così scriveva il 31 ottobre del ’54 Indro Montanelli inviato del Corriere della Sera: “Non è necessario aver studiato geologia e idraulica per capire cosa sia successo e come. Sotto quel cappello di pietra franosa, che può assorbire neanche una goccia di pioggia, anzi la risputa, subito appesantita dal pietrisco, c’è, il forte pendio, un bosco rado e piuttosto stento, le cui radici affondano in pochi palmi di humus che si tiene aggrappato, Dio sa come, al sottostante granito. Nei punti più pericolosi sono state costruite, arginature di sassi e altre erano in progetto. Ma sono opere labili, rattoppi fatti all’italiano cioé alla carlona, senza piano d’insieme e lunga scadenza”.
Così scriveva il poeta salernitano Alfonso Gatto il 7 novembre per il settimanale Epoca:
“La Chiesa dell’Annunziata e la vecchia strada di Porta Catena, qui i morti a braccia aperte sulla deriva del fiume che ha rotto di sotto in su la strada di Fusandola, precipitati con le case dal salto della Spinosa, si sono fermati contro gli alberi, contro i portici del teatro, facendosi raccogliere e comporre nella grande pità delle prime ore. A Canalone non è restato nulla, nemmeno la Chiesa. Come bloccato su un grande pianerottolo il Vecchio rione ha perso la soglia ove poggiava.”