Alle Scuderie del Quirinale dal 15 ottobre 2021 al 9 gennaio 2022 è aperta al pubblico la mostra dal titolo “Inferno”. L’idea è nata dalla volontà di celebrare il genio artistico di Dante Alighieri a settecento anni dalla sua morte.
Sono state numerose le critiche alla mostra per aver scelto come tema quello della dannazione eterna.
Le opere esposte hanno autori illustri, come Goya, Botticelli, Rubens, Tiepolo, Doré e tanti altri. In particolare, l’opera che ha suscitato più scalpore è la Porta dell’Inferno di Auguste Rodin (1840 -1917).
La storia del capolavoro inizia nel 1871, durante la guerra civile a Parigi, quando un edificio del governo francese venne distrutto; la costruzione si trovava sul terreno in cui nel 1900 fu inaugurata la stazione d’Orsay, poi divenuta museo. Prima della stazione prese vita nel 1880 il progetto per il museo destinato ad ospitare le arti decorative e a Rodin lo Stato francese commissionò una porta monumentale; nel 1883 l’autore giunse ad una bozza, ma nel frattempo il progetto iniziale si era arenato.
La bozza rimase nel magazzino dell’autore che iniziò a farne il campo di battaglia di una personale ricerca creativa, ne è un esempio il gruppo scultoreo intitolato il bacio. L’opera risulta incompiuta, anche se l’artista, fino alla morte, non ha mai smesso di lavorarci.
Rodin è considerato il padre della scultura moderna, ma non si ribellò agli studi dei suoi predecessori. Osservò con molta attenzione la “Porta del Paradiso”, opera rinascimentale di Lorenzo Ghiberti (1378 -1455), attualmente esposta nel Battistero di Firenze, per creare il suo capolavoro che pare speculare rispetto al precedente.
Solo nel 1900 la Porta dell’Inferno apparve incompleta in occasione dell’esposizione universale di Parigi.
La porta è decorata con 11 bassorilievi ripresi dal poema di Dante: in cima appena sotto l’architrave, a sovrastare l’abisso la scultura definita il pensatore che incarna Dante, sui battenti le figure note prese dalla Commedia tra cui il Conte Ugolino, comandante e politico e gli amanti Paolo e Francesca.
È evidente la ricerca dell’artista della vitalità del corpo umano che emerge dalla lava incandescente e invade lo spazio architettonico e in alcuni casi lo sovrasta; l’architettura dei muscoli e delle membra si ritrova nell’ispirazione offerta dall’affresco di Michelangelo Il Giudizio universale ripresa da Rodin, e contribuisce a conferire potere all’espressività del corpo umano.
Dal turbine di corpi in movimento emergono dettagli interessanti, in cima alla porta ci sono tre figure chiamate ombre in cui si ripete tre volte lo stesso soggetto.
Rodin ha inteso raffigurare nel suo lavoro, lo specchio dell’inquietudine di fine ‘800 nella Francia positivista e razionalista che lo spinse a dire: “Niente, davvero, è più coinvolgente della pazza bestia, morente per il desiderio insoddisfatto ed implorante invano la grazia che plachi la sua passione”.
In origine la porta era in gesso e nel 1928 fu possibile realizzarne una copia in bronzo, che si trova al Musée Rodin di Parigi e una a Philadelphia.
Dal Museo parigino la Porta dell’Inferno, a causa delle imponenti dimensioni, è alta più di sei metri e larga quattro (nello specifico 635x400x100 cm), per essere trasportata a Roma ha costretto all’impiego di un camion speciale di cui esistono solo tre esemplari in tutta Europa.
Le perplessità che la mostra ha suscitato prima ancora della sua apertura, ripresa anche dalla rivista laica “l’Opinione delle Libertà”, risiede in quella che viene considerata la volontà di magnificare il pensiero oscuro più che la possibilità di salvezza per l’uomo, prediligendo l’Inferno della Commedia di Dante, escludendo il Paradiso e dimenticando il Purgatorio. Inoltre, secondo alcuni, il simbolismo di una rappresentazione oscura si intravede anche nella scelta del luogo deputato ad ospitare la mostra, ossia il Quirinale che nell’epoca preunitaria, era la dimora dei pontefici.
L’impatto dell’opera è incontrovertibile e rimanda al mistero che avvolge l’infernale; spetta all’osservatore l’ultima parola.
Personalmente trovo consolazione nel lascito morale delle parole del Sommo Poeta quando scrive “l’Amor che move il sole e l’altre stelle”, perché confido nel tragitto che l’uomo percorre per raggiungere le vette celestiali.