Dieci anni fa l’incidente stradale che gli ha cambiato la vita, «era uscito a cena con gli amici, tornando di notte si era fermato a comprare il pane caldo per la mamma, poi una macchina ha invaso la sua corsia e per evitarla è finito contro un palo». Aveva 33 anni, Mario, «lavorava nel settore dei trasporti, come il padre, girava per l’Italia». Ora è immobilizzato, tra molte sofferenze, «ha contrazioni violente, ci sono ore della giornata in cui viene legato al letto per evitare che cada – racconta Gallo – non vuole dosi ulteriori di farmaci che potrebbero fargli perdere il controllo del suo corpo e la percezione di quello che sente». Lui sente di volerla finire qui e, per chi lo ha aiutato a ottenere il diritto di farlo, non è facile: «Per noi è diventato un amico – dice Filonena Gallo – siamo contenti che abbia raggiunto il suo obiettivo, ma allo stesso tempo tristi perché deciderà di lasciarci». Come spesso capita, è Mario a dare forza a tutti, «ci scrive delle mail bellissime, ci fa sorridere, ci dice sempre: “Voi non vi rendete conto, io sono felicissimo e sollevato, finalmente posso fare quello che voglio”».
«Mario ora può scegliere». Filomena Gallo ci tiene a sottolineare l’importanza di quello che è stato stabilito da una struttura sanitaria pubblica nelle Marche. «È molto grave che ci sia voluto tanto tempo, ma finalmente ci siamo arrivati: per la prima volta in Italia un Comitato etico ha confermato per una persona malata l’esistenza delle condizioni per il suicidio assistito», dice a La Stampa la segretaria dell’associazione Coscioni, che è anche tra gli avvocati che supportano Mario. E non risparmia una critica al ministro della Salute, Roberto Speranza, che «dopo la pronuncia della Corte costituzionale del 2019 (caso Cappato-Dj Fabo,) non ha fatto nulla, doveva mandare una comunicazione a tutte le Regioni e a tutte le Asl per chiedere l’applicazione di quella sentenza».
Ora, però, si pensa ad accompagnare Mario verso la fine che ha scelto. «Procederemo con la risposta all’Asur Marche e al Comitato etico, per la parte che riguarda le modalità di attuazione della scelta di Mario – spiega – cioè le modalità di autosomministrazione del farmaco idoneo». In pratica, un medico prescriverà il farmaco letale prescelto e qualcuno lo preparerà perché Mario possa assumerlo: «Potrà semplicemente bere il liquido da un bicchiere, usando una cannuccia, oppure spingere un pulsante, mettendo in circolo il farmaco per via endovenosa», precisa Gallo. E, «fino all’ultimo istante, se vuole, può cambiare idea: è questo il principio fondamentale». Il punto è proprio che Mario può succhiare da una cannuccia oppure muovere un dito (uno solo) per spingere un pulsante. Per questo, di fatto, può uccidersi da solo, senza l’aiuto di un’altra persona. «Se non potesse procedere autonomamente, avrebbe bisogno di qualcuno che attivi per lui l’eutanasia – spiega Gallo – e questo soggetto verrebbe incriminato per il reato di omicidio del consenziente».