In riferimento alla Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid 19 resa nota il 21 dicembre 2020, alcuni autorevoli prelati hanno spiegato che la Chiesa si è già espressa in merito all’utilizzo dei vaccini chiarendo che si possono usare, anzi è opportuno usarli senza temere di incorrere in falsi problemi morali e sanitari.
La Nota viene intesa come un definitivo nulla osta che autorizza il ricorso ai vaccini indipendentemente dal fatto che usino linee cellulari di feti abortiti.
Il documento in questione è breve, ma alcuni che l’hanno letto mostrano delle perplessità sulla sua interpretazione, specificando che al suo interno non si dice affatto che non presentino nessun problema dal punto di vista morale.
La stesura del testo risale all’inizio delle inoculazioni per la pandemia quando le dosi previste da somministrare erano due e l’efficacia indicata risultava essere pari al 100%. Il periodo di efficacia limitato, sostengono i più attenti, è emerso a distanza di un anno insieme al protrarsi della circolazione dell’infezione e richiederebbe una revisione della Nota stessa. La stima delle reazioni avverse gravi dovrebbe anch’essa spingere ad una riflessione più profonda.
La Pontificia Accademia per la Vita nel 2005 si è pronunciata nel documento dal titolo “Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule prevenienti da feti umani abortiti, stabilendo che liceità morale doveva basarsi su due condizioni, ossia lo stato di necessità e la mancanza di alternative “eticamente ineccepibili”. Permane l’indicazione di evitare questi vaccini a meno che l’infezione non diventi concretamente dilagante. Pur accantonando questi aspetti, compaiono altri due aspetti nella Nota che non possono essere marginalizzati: la vaccinazione non è un obbligo morale e prevede la possibilità dell’obiezione di coscienza e l’uso delle linee cellulari va fermato.
Il primo aspetto rimanda alla volontarietà della scelta, quindi non essendoci un obbligo morale non potrà scaturirne uno giuridico; c’è poi la raccomandazione, rivolta a chi per tale motivo rinuncia al vaccino, di agire al fine di evitare “ogni rischio per la salute di coloro che non possono essere vaccinati per motivi clinici, o di altra natura, e che sono le persone più vulnerabili”.
Per quanto concerne il secondo aspetto la CDF chiede alle case farmaceutiche e alle agenzie sanitarie governative di produrre, approvare, distribuire e offrire vaccini eticamente accettabili che non creino problemi di coscienza a chicchessia. Se è possibile che gli animalisti chiedano di abolire i test per la sperimentazione dei farmaci sugli animali, con maggiore consapevolezza dovrebbe essere sostenuta la medesima richiesta avente come riferimento i feti abortiti.
La CEI (Conferenza Episcopale Italiana) poteva, e non l’ha fatto, durante la Giornata della Vita sottolineare quanto espresso nella Nota, ed esortare i governanti a prendere in considerazione le riflessioni sull’opportunità di usare le vite umane per la ricerca scientifica, invece di scegliere di condannare quanti rifiutano il vaccino.
Anche nella Chiesa si spinge continuamente alla vaccinazione e numerosi sacerdoti non orientati alla scelta vaccinale, si trovano a dover fronteggiare situazioni difficili all’interno delle proprie comunità religiose.